L’ipertiroidismo è il disturbo endocrino più frequentemente diagnosticato nel gatto ed è dovuto ad un eccessiva produzione di ormoni tiroidei causato da iperplasia o adenomi della tiroide. La patologia colpisce gatti di entrambi i sessi perlopiù adulti-anziani e alcune razze come il gatto siamese sono meno a rischio.
I segni clinici sono molteplici e variano anche in base all’interessamento di altri organi.
Le manifestazioni più frequenti sono:
-perdita di peso nonostante un appetito aumentato
-animale ansioso, iperattivo, aggressivo con poco resistenza allo stress e alle manipolazioni
-vomito e aumento del volume delle feci
-poliuria/polidipsia
-mantello opaco e trascurato
Alla visita clinica è spesso apprezzabile un aumento del volume della ghiandola tiroide.
L’auscultazione evidenzia tachicardia e soffio cardiaco mentre ‘esame oculistico rivela ipertensione con ingorgo dei vasi retinici e talvolta distacco retinico.
Le diagnosi differenziali principali devono essere fatte nei confronti di diabete mellito, linfoma gastro intestinale, insufficienza pancreatica ed insufficienza renale.
Quando si sospetta l’ipertiroidismo il primo step consiste nella palpazione della regione del collo per cercare di evidenziare un aumento di volume della ghiandola e successivamente di eseguirà un prelievo di sangue per dimostrare l’aumento della concentrazione di T4. Se i risultati dovessero risultare dubbi è sufficiente ripetere il test dopo alcune settimane.
Una volta diagnosticata la malattia esistono diverse opzioni terapeutiche che permettono di ristabilire la condizione eutiroidea.
Queste sono:
-tiroidectomia
-ablazione con radioiodio
-terapia medica
Tra i farmaci disponibili per la terapia medica il metimazolo è quello di più largo impiego.
Il dosaggio di partenza è di 1,25-2,5 mg due volte al giorno e può essere aumentato dopo 2-4 settimane se la risposta non è soddisfacente.
Tra gli effetti collaterali del farmaco sono riportati neutropenia, trombocitopenia, epatotossicità, vomito e escoriazioni facciali.
Visto che questi si verificano nel 20% circa degli animali trattati è bene effettuare dei monitoraggi emocromocitometrici e biochimici prima di iniziare il trattamento e ogni 2 settimane durate la terapia per le prime 6 settimane. Nei gatti trattati con metimazolo la prognosi a breve termine è buona mentre quella a lungo termine dipende dalla capacità del proprietario a somministrare la terapia in modo continuativo e dalle complicazioni secondarie.
A cura della dott.ssa Francesca Costanzo della Clinica Veterinaria Borgarello.
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