Continuiamo a parlare dell’endocardite, come diagnosticarla, ma soprattutto la terapia.
DIAGNOSI
I mezzi diagnostici più importanti per giungere ad una diagnosi sono rappresentati da :
Ecocardiografia:
L’ecocardiografia è il mezzo diagnostico più importante nella diagnosi di endocardite: è possibile infatti evidenziare le vegetazioni presenti sulle valvole aortica o mitralica, e valutare attraverso il Doppler l’entità del rigurgito valvolare. Inoltre si può quantificare la presenza e l’entità dell’ingrandimento camerale atriale e ventricolare sinistro.
L’ecocardiografia risulta importante anche per una valutazione prognostica, data la possibilità di misurare lo spessore della vegetazione e quindi quantificare il rischio di tromboembolismi (al di sopra di 1cm infatti, esso si innalza notevolmente).
Elettrocardiografia:
Attraverso l’ elettrocardiografia è possibile identificare eventuali aritmie e disturbi nella conduzione, riportate nel 50-75% degli animali affetti da endocardite. Esse possono derivare da: invasione diretta del miocardio da parte dei batteri, ipossia miocardica, tromboembolismi coronarici, o da vasculite immunomediata.
Culture batteriche su sangue:
Le colture batteriche su sangue sono un mezzo fondamentale per supportare il sospetto di una diagnosi di endocardite: si effettuano allo scopo di identificarne l’agente responsabile e di effettuare un antibiogramma che consenta di impostare il trattamento antibiotico più efficace.
TERAPIA
Il trattamento di elezione delle endocarditi è rappresentato da una terapia antibiotica a lungo termine; In attesa dell’antibiogramma è necessario intraprendere un trattamento con antibiotici battericidi ad ampio spettro, in particolare è consigliabile un associazione tra antibiotici β lattamici (ampicillina) e aminoglicosidici (gentamicina) o fluorchinolonici (enrofloxacina).
Il trattamento deve essere effettuato per via endovenosa per almeno 1-2 settimane, associando un’adeguata fluidoterapia.
Successivamente, la terapia antibiotica deve proseguire per via orale per 6-8 settimane, e talvolta per un tempo superiore, in relazione alla risposta del singolo soggetto.
Trattamento antiaggregante con l’utilizzo dell’aspirina in corso di endocardite, esistono degli effetti positivi dell’aspirina nell’ambito del trattamento della fase acuta della patologia: studi sperimentali hanno infatti confermato come l’utilizzo dell’aspirina a dosi antiaggreganti (5 mg/kg PO ogni 24 ore) riduca le dimensioni delle vegetazioni ed accresca la velocità con cui si raggiunge una sterilizzazione batterica in associazione con la terapia antibiotica.
I soggetti che presentino un quadro di insufficienza cardiaca congestizia secondaria ad endocardite, devono essere trattati con:
– una dose adeguata di furosemide in relazione alla severità dell’edema polmonare
– Ace-inibitori nelle forme di insufficienza cardiaca congestizia cronica
– Amlodipina, idralazina o nitroprussiato, se il rigurgito aortico o mitralico siano massivi, e sia quindi presente un aumento marcato del postcarico.
– Farmaci antiaritmici specifici in relazione alla tipologia di aritmia instauratasi.
Prevenzione
Le linee guida più recenti circa il trattamento preventivo in corso di endocardite indicano come sia necessario sottoporre ad una terapia antibiotica tutti i soggetti che abbiano subito: un intervento dentale, coinvolgente il tessuto gengivale, la regione periapicale di un dente o qualsiasi procedura invasiva a carico della cavità orale, o una procedura invasiva del tratto respiratorio che comprenda incisioni o biopsie della mucosa respiratoria.
Le linee guida indicano come antibiotici di elezione l’Ampicillina , l’Amoxicillina o la Gentamicina, nel periodo perioperatorio e per via parenterale, 1 ora prima e 6 ore dopo la chirurgia.
Prognosi
La prognosi in corso di endocardite è sempre riservata; la morte del soggetto può avvenire durante le prime settimane per insufficienza renale acuta, emorragia polmonare o grave patologia neurologica, o fino a 5 mesi dopo la diagnosi per insufficienza cardiaca congestizia o
improvvisamente a causa delle gravi aritmie secondarie. Un dato di grande interesse è rappresentato dal fatto che i soggetti cui siano stati somministrati corticosteroidi prima del trattamento per l’endocardite infettiva presentino un’incidenza di mortalità notevolmente più alta.
Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello
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