LIDO. Sabato mattina Chiara ha ripreso il mare, ritrovando il suo ambiente naturale dopo le cure veterinarie degli ultimi due mesi e mezzo. E a salutarla sono state oltre cinquecento persone che alla Venezia Spiagge non si sono volute perdere la festa.
È la storia dell’ennesima tartaruga marina recuperata, e per fortuna anche salvata, dal Coordinamento del litorale veneto nato proprio per tutelare questi rettili presenti nell’alto Adriatico. Una rete nella quale sono coinvolti il Wwf, i musei di storia naturale di Venezia e Jesolo, l’Università di Padova e vari medici veterinari, con il supporto della Capitaneria di Porto.
Chiara, una tartaruga di specie caretta caretta, è stata battezzata così per il colore del suo carapace, e curiosamente ieri era proprio il giorno di Santa Chiara. Era stata trovata in fin di vita dai pescatori di Chioggia a fine maggio, e consegnata alla locale Stazione Idrogeologica. Quindi si era attivato il Coordinamento, con il rettile portato al centro di recupero di Polesella (Rovigo) dal dottor Luciano Tarricone.Lunghe cure per farla riprendere, ma la soddisfazione di esserci poi riusciti, ed ecco che Chiara l’altro ieri è stata portata dai volontari di Protezione civile di Pellestrina fino al Centro Soggiorni Morosini degli Alberoni, preziosa base logistica del servizio di recupero. Lì è stata visitata dal veterinario Alessandro Bellese, le è stato fissato un piccolo piercing che fornirà dati importanti sulla conservazione della specie, ed è stata vista da numerosi bambini ospiti della struttura.Purtroppo ogni anno in media sono una quarantina le tartarughe che troviamo già morte, una dozzina quelle ancora vive ma in gravi condizioni, e appena la metà sopravvivono. Da inizio 2018 otto quelle recuperate vive, quattro quelle salvate, ma almeno 2-3 la settimana si trovano morte in riva al mare, specie in estate». E sono sempre più quelle che entrano in laguna. «È vero, basti pensare a quella investita e uccisa da una barca a Burano poche settimane fa» , aggiunge Perlasca.«Da qui l’appello alle istituzioni lanciato liberando Chiara, affinché siano trovate soluzioni ai limiti di velocità in laguna. Se le barche vanno troppo veloci non vedono le tartarughe in superficie, e l’impatto con le chiglie o le eliche è quasi sempre fatale. Un pericolo anche per le persone». 

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