Arisa si è presa il primo cane per caso. Passava, lamentando le miserie dell’amore umano, di fronte ad un negozio d’animali, quando ha visto «una palla di pelo, con due more al posto degli occhi». Quel batuffolo, bianco ed etereo, era un Maltese. Uno di quei piccoli cagnetti sulle cui foto la cantante, al lavoro in questi giorni sul nuovo album, ha imparato a sognare. «Le guardavo da bambina, desiderando un giorno di possederne uno», ci ha raccontato oggi, 26 agosto, festeggiando la Giornata Mondiale del Cane con uno spostamento straordinario.
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Arisa avrebbe dovuto lasciare i propri cuccioli, due in totale, alla madre, in Basilicata. «Sarei dovuta tornare a prenderli la prossima settimana, ma, risalendo in macchina dalla Calabria, ho optato per una piccola deviazione. Mi mancavano», ha confessato la cantante.
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I cani, relegati un tempo al ruolo di meri animali domestici, si sono fatti largo nella routine familiare, conquistando uno spazio loro. Uno spazio allegro e leggero, immune dall’amarezza che il vivere quotidiano, spesso, porta con sé. Sono diventati piccoli «bambini» curiosi, capaci, secondo l’American Heart Association, di incidere tanto positivamente sulla vita dell’uomo da ridurne il rischio di malattie cardiache. Insegnandogli la bellezza di un amore che non conosce confini.
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Padrona per caso, quindi.
«Per fortuna, direi. Ero sotto casa con un amico, Emiliano. Gli raccontavo le ultime sciagure, spiegandogli di quanto bisogno d’amore avessi. Mi ha detto: “Prenditi un cane”. Ho tentennato. “Ma no, ma come”. L’idea di dover andare chissà dove a prenderlo mi frenava. Poi, Emiliano si è allontanato in moto. Io ho fatto due passi e dalla porta di Animal One ho visto lei».
Lei?
«Titti Verdura. L’ho chiamata così perché, all’inizio, non sapevo cosa farle mangiare. Si nutriva solo di carote. Oggi, ha un anno e mezzo. Quel giorno, sono uscita dal negozio portandola al guinzaglio».
Poi è arrivato un secondo Maltese?
«Nino Meringa, cinque mesi. Quando l’ho visto, m’è parso un batuffolo di meringa. I miei cani, sa, hanno sempre un nome e un cognome. Nino ha anche dei soprannomi. A volte, si spalma sul pavimento, con le zampette tese. Allora lo chiamo Besciamella. O Pilotino, perché mulina la coda come fosse un’elica».
Un cane, per quanto piccolo, è un impegno. Com’è cambiata la sua vita?
«I cane mi hanno dato una regola. Prima, ero irresponsabile: non avevo orari, mangiavo e dormivo secondo il bisogno. Il fatto che loro avessero delle necessità, uscire la mattina presto e di nuovo la sera, giocare ed essere coccolati, mi ha obbligato a prendermi più cura di me stessa. Ad essere lucida, come se avessi un bambino».
Quando parte, per lavoro o piacere, come si organizza?
«Ogni tanto, me li tiene mia mamma. Si è affezionata tantissimo a loro, ma abita in Basilicata e ogni volta è un viaggio. Quando non può lei, ho una signora che mi aiuta».
Cosa le ha insegnato prendersi cura dei suoi cani?
«Mi hanno dato un’unità di misura dell’amore. Mi hanno insegnato a mettermi da parte in maniera sana, scegliendo con il sorriso di occuparmi di un’altra creatura. Quando abbaiano alla 5 della mattina, e me li vado a prendere, sono felice. Un cane ti insegna a sentirti amato e ad avere il coraggio e la forza di amore di rimando, in maniera sconfinata».
Ormai, sono considerati a pieno titolo membri della famiglia. Come si è spiegata quest’evoluzione?
«Attraverso l’amore. Il cane è il migliore amico dell’uomo, lo è davvero e io ne sono la prova».
Si spieghi.
«Quest’anno, ho passato il Natale a casa, da sola. Era uscita questa canzone di Cesare Cremonini, che nessuno vuole essere Robin. Ed è vero. A volte, semplicemente, preferiamo circondarci dei nostri cagnolini piuttosto che affrontare le ipocrisie degli altri. La società ci impone di inframezzare delle sovrastrutture tra noi e l’altro. Il cane è puro, dolce».
Ha mai pensato di prestare il suo volto, e il suo nome, a qualche campagna di sensibilizzazione?
«Ho pensato, più volte, di sostenere associazioni che, in generale, si occupino di chi non ha modo di difendersi, siano persone o animali. Mi piacerebbe fare qualcosa per Penelope, che si occupa degli uomini inermi, e poi per gli animali. Non mi piace essere retorica, ma chi fa del male a creature che non possono difendersi dovrebbe scontare la legge di Hamurrabi, la legge del taglione».
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