La blefarite, ovvero l’infiammazione delle palpebre, è una patologia che si osserva con una certa frequenza nei nostri amici a quattro zampe. Generalmente vengono colpiti con maggiore frequenza i cani rispetto ai gatti e l’interessamento delle palpebre è di solito bilaterale. Uno dei segni caratteristici della blefarite è il fastidio che l’animale avverte e che si manifesta tipicamente con uno strofinamento del muso con le zampe o su superfici ruvide. Spesso sono anche presenti scolo mucoso o muco purulento, iperemia congiuntivale, iperemia palpebrale associata o meno alla presenza di ulcere o ferite.
L’anamnesi, come sempre, rappresenta uno step fondamentale della visita. Nel caso di blefarite stafilococcica può esservi un’anamnesi di lieve congiuntivite per qualche giorno, seguita da un marcato arrossamento e gonfiore palpebrale, associati a scolo oculare purulento. Oppure il soggetto potrebbe essere un cucciolo di 3-4 mesi che presenta tumefazione palpebrale che poi sviluppa ulcere e croste intorno a naso e palpebre, associate a malessere generale, piressia, inappetenza: in questo caso il tutto riconduce a una forma di piodermite giovanile. Un giovane Labrador Retriever potrebbe manifestare stagionalmente prurito a livello oculare e delle zampe, manifestazioni tipiche dell’atopia. Blefarite associata a lesioni crostose e uveite possono essere indicative di Leishmaniosi, per cui è molto importante ricercarla qualora il paziente viva o sia stato di recente in zone endemiche.
Poiché molte forme di blefarite fanno parte di una patologia dermatologica diffusa, è necessario un attento esame clinico generale, particolarmente focalizzato sull’apparato cutaneo ed è perciò fondamentale la collaborazione con un dermatologo. Le cause di blefarite possono essere tanto numerose quanto quelle di dermatite generalizzata e a volte i sintomi oculari rappresentano i primi segni di un coinvolgimento più ampio. L’infezione batterica secondaria è frequente e può nascondere la causa eziologica sottostante. L’esame oftalmologico evidenzierà tumefazione e iperemia delle palpebre, con la possibile presenza di croste o erosioni essudative vicino ai margini palpebrali. Alcune lesioni sono erosive e può essere presente uno scolo siero-emorragico. L’iperemia periorbitale o l’alopecia potrebbero rappresentare segni di autotraumatismo. L’esame delle palpebre stesse potrebbe rivelare tumefazioni multiple lungo il margine palpebrale, in corrispondenza della localizzazione delle ghiandole di Meibomio, elementi suggestivi di meibomite. L’iperemia congiuntivale si associa alla maggior parte delle infiammazioni delle palpebre e può essere erroneamente ritenuta il problema primario. Normalmente i casi di blefarite non coinvolgono le strutture intraoculari, ma nel caso sia presente un’uveite, per esempio, ciò potrebbe far sospettare una malattia immunologica, come la sindrome uveo-dermatologica, o un’infezione protozoaria, come la Leishmania. Una volta eseguito l’esame clinico generale e quello oftalmologico, si possono eseguire i test diagnostici. In molti casi devono essere eseguiti tamponi per colture batteriche e antibiogrammi (sia dello scolo oculare, sia degli essudati dei margini palpebrali). Devono essere considerati anche i campionamenti per l’isolamento dei parassiti, quindi sono necessari diversi tamponi, in differenti mezzi di trasporto.
Chiaramente il trattamento specifico dipenderà dalla causa determinante la blefarite. In tutti i casi devono essere applicate un’accurata igiene generale e la prevenzione di auto traumatismi. Nel caso di infezione batterica primaria delle palpebre si consiglia un antibiotico per via sistemica ad ampio spettro come la cefalessina. Ricordare che le palpebre fanno parte della cute e richiedono una terapia sistemica. Gli antibiotici locali non sono sempre necessari: alcuni pazienti possono beneficiarne, ma altri possono sviluppare una reazione da ipersensibilità , aggravando i segni clinici. Se un paziente peggiora durante la terapia, si dovrebbe prendere in considerazione un’ipersensibilità al farmaco: in questi casi occorre sospendere la terapia e rivalutare il paziente dopo 2-3 giorni. Se le palpebre sono particolarmente infiammate è necessario un antinfiammatorio sistemico. Si deve scegliere un farmaco non steroideo a meno che non si sospetti una componente immunomediata. Le blefariti parassitarie rispondono alle comuni terapie sistemiche e ai lavaggi. La chirurgia è raramente necessaria nei casi di blefarite. Occasionalmente possono essere asportate e raschiate le lesioni di tipo granulomatoso lungo le palpebre.
Generalmente la prognosi nei casi di blefarite è buona, anche se potrebbe essere necessaria una terapia protratta della durata di parecchie settimane. Se la blefarite è associata a una patologia dermatologica sistemica generale, come l’atopia o il pemfigo, la prognosi è allora meno favorevole nei confronti di una guarigione completa, ma si può ottenere un buon controllo a lungo termine.
A cura della Dott.ssa Valentina Declame
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