Anche se è improbabile che qualcuno ve la offra nel menù, in ben 44 stati degli Stati Uniti d’America un piatto di carne di gatto o di cane a tavola non è vietato per legge. Almeno fino a quando la legge federale H.R.1406 (Dog and Cat Meat Trade Prohibition Act of 2017) del 7 marzo 2017 non entrerà in vigore. Infatti, ad eccezione di Virginia, California, Hawaii, New York, Georgia, e Michigan, dove sono da tempo messi al bando spezzatino di beagle e patè di persiani, la possibilità di questo terrificante scherzetto da parte di qualche sadico e inqualificabile rustico ristoratore statunitense è concreta.
Lo spiega su alternet.com Nina Jackel, leader della LCA (Last Chance for Animals), un’organizzazione non-profit che si dedica ad eliminare ogni tipo di crudeltà verso gli animali. “In 44 stati americani non vi è alcuna legge permanente tra il vostro cane e la padella. Ebbene sì: le persone negli Stati Uniti uccidono cani e gatti e li mangiano. La prova è spesso nascosta, ma la pratica continua”. La Jackel cita una delle indagini svolte dalla LCA in Wisconsin a metà anni ’90. Tal Ervine Stebane, un rivenditore di carne di animale di classe B (negli Stati Uniti il Dipartimento dell’Agricoltura indica per classe B quella in cui venditori acquisiscono cani e gatti da “fonti casuali” per venderli alle università e altre istituzioni di ricerca per l’utilizzo negli esperimenti ndr), venne sorpreso dalle videocamere della LCA nel rubare cani randagi in cantieri, o in strada, o recuperandoli da chi pubblicava annunci di “vendita gratuita di cani” per poi ucciderli con una crudeltà inaudita, macellarli e rivenderli infine come carne fresca dai 25 ai 75 dollari a cane.
La legge federale H.R.1406 è stata promulgata oltretutto proprio durante la legislatura repubblicana del neopresidente Trump, da una pattuglia bipartisan di deputati (due repubblicani e due democratici), e vieterebbe la macellazione e il commercio di cani e gatti per il consumo umano negli Stati Uniti. Coloro che violano la legge potrebbero in futuro ricevere una multa fino a 2.500 dollari e un periodo di detenzione di un anno. L’iter di questa legge partì nel maggio del 2016 dopo la condanna pubblica del famigerato Yulin Dog Meat Festival cinese da parte del deputato democratico della Florida, Alcee Hastings. All’epoca l’80enne deputato dem chiese alla Cina di porre fine al commercio di carne di cane, e la risoluzione arrivò poi fino alla Sottocommissione per l’Asia e il Pacifico della Camera dei Deputati nel mese di settembre 2016.
Il caso della mattanza a cielo aperto di Yulin fin dal 2013 ha girato il mondo e provocato sconcertate reazioni da diversi ministri e deputati di molte nazioni occidentali, tra cui in Italia l’onorevole di Forza Italia, Michela Brambilla. Un problema non da poco a livello di immagine mondiale per il Sud Est asiatico perché se Tailandia, Taiwan e Filippine hanno recentemente vietato a titolo definitivo la macellazione della carne di cane, Cina e Corea del Sud, i due principali mercati di carne di cane al mondo, stanno facendo ben poco per fermare questo lucroso commercio. Se i cani non sono più venduti per le strade di Yulin durante l’omonimo festival, in diversi mercati cinesi e coreani ancora migliaia di quadrupedi vengono ammassati in gabbie e venduti vivi al mercato come cibo. Se, come segnalato da The Guardian il mercato coreano di Seongman è stato chiuso pochi mesi fa, parliamo di un mercato all’ingrosso che poteva ospitare oltre 50mila cani in vendita, quello più “celebre” di Moran, nonostante il tentativo generale di dare una ripulita alle pratiche più barbare e crudeli in vista delle Olimpiadi invernali 2018 di Pyeongchang, rimane ancora aperto.
Curioso anche il caso della legislazione italiana rispetto all’ipotesi dell’uso della carne di cane e gatto per cibarsi. Non esiste una vere e propria norma che ne vieti l’atto in sè, ma si ricorre da un lato al dare per scontato che sia più una pratica alimentare consueta; dall’altro vige una regolamentazione indiretta che mette insieme l’articolo del codice penale 544 ter, sulla punizione verso chi maltratta gli animali, e il generico impianto della legge quadro 281/1991 sulle tutele degli animali d’affezione.