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  • Esami del sangue: il glucosio

     

    milecola glucosio

    Riprendiamo oggi il nostro percorso attraverso gli esami biochimici parlando della misurazione del contenuto di glucosio nel sangue ovvero di glicemia.

    Il glucosio è un monosaccaride cioè uno zucchero che non può essere idrolizzato in un carboidrato più semplice, anzi: la maggior parte degli zuccheri complessi presenti nell’alimentazione viene scissa e ridotta proprio in glucosio e in altri glucidi semplici.

    zucchero

    Esso possiede una enorme importanza biologica perché rappresenta la principale fonte di energia dell’organismo. A livello cellulare avviene un processo chiamato glicolisi responsabile della trasformazione del glucosio in molecole più semplici e della produzione di energia sotto forma di adenosina trifosfato (ATP). L’ATP rappresenta un vero e proprio “combustibile” che consente alle cellule di svolgere le numerose funzioni a cui sono destinate.

    glicolisi1

    Da quanto detto, si capisce l’importanza fondamentale di questo zucchero per la sopravvivenza di ciascuno e il perché la glicemia rappresenti un parametro presente in qualsiasi pannello biochimico. La misurazione del glucosio plasmatico può essere fatta sia attraverso uno strumento specifico chiamato glucometro che con le normali macchine per esami mediante chimica liquida o secca.

    glucometro.

    La corretta concentrazione del glucosio nel sangue è regolata dall’interazione tra lo zucchero introdotto con la dieta, le riserve presenti a livello del fegato e gli ormoni preposti all’utilizzo del glucosio stesso: insulina e glucagone. Il fegato è in grado di rilasciare il monosaccaride mediante due processi: la glicogenolisi, che mette in gioco le riserve di zucchero precedentemente immagazzinate a livello epatico e la gluconeogenesi in grado di produrre “ex novo” glucosio a partire da acidi grassi e aminoacidi. L’insulina, prodotta dalle cellule beta del pancreas, è il principale ormone regolatore del glucosio nel sangue: quando questo aumenta l’insulina viene rilasciata e favorisce la sua captazione a livello cellulare, con conseguente riduzione a livello ematico, e viceversa. Un altro ormone pancreatico, il glucagone agisce promuovendo il rilascio di glucosio nel sangue attraverso la glicogenolisi epatica.

    insulina

    L’innalzamento della concentrazione ematica di glucosio viene definito: iperglicemia. L’insulina, come accennato, è un ormone che facilita il metabolismo del glucosio a livello di muscoli, tessuto adiposo e fegato: la sua carenza, in concomitanza con il rilascio di glucagone, porta a iperglicemia. Quando lo zucchero raggiunge una concentrazione molto elevata nel sangue, inizia ad essere perso attraverso le urine e questo processo viene chiamato: glicosuria. La condizione patologica per eccellenza dovuta ad uno stato cronico di iperglicemia è definita: diabete.

    ­All’opposto l’abbassamento dei livelli ematici di glucosio si chiama ipoglicemia. Una causa frequente e patologica di ipoglicemia è rappresentata da tumori delle cellule beta pancreatiche che determinano un eccesso di insulina nel sangue (neoplasie insulino-secernenti).

    Nel prossimo capitolo affronteremo il discorso degli elettroliti ovvero i sali disciolti nel sangue e le ragioni per le quali è importante controllarli. Continuate a seguirci su tgvet.

    Articolo a cura della Dr.ssa Martina Chiapasco

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  • Lishmaniosi canina: diagnosi tramite l’ematologia e la citologia linfonodale

    Nei pazienti con Leishmaniosi canina, l’ematologia, compresa la valutazione del midollo osseo, l’emostasi e l’esame citologico dei linfonodi e della milza, sembrano avere un ruolo significativo nella diagnosi della malattia. Per i cani che risiedono in zone endemiche la tendenza al sanguinamento, di solito espressa in forma di epistassi, l’anemia non rigenerativa e la linfoadenomegalia periferica possono far aumentare il sospetto per l’infezione da Leishmania.

    L’anemia normocromica normocitica (in cui i globuli rossi conservano la colorazione e la forma originale) che si riscontra in corso di Leishmaniosi canina, è stata attribuita a una riduzione dell’eritropoiesi dovuta all’infestazione cronica da parte del parassita e come conseguenza dell’insufficienza renale cronica. Esistono casi di Leishmaniosi in cui viene segnalata una riduzione della produzione di globuli rossi, dovuta a fenomeni di carenza di ferro. Questi compaiono secondariamente a perdita ematica cronica o meno frequentemente in seguito a perdite ematiche acute, associate a profusa epistassi o a gravi e profonde ulcerazioni del tartufo e dei cuscinetti plantari. Un’altra causa, meno comune, di anemia associata a Leishmaniosi è l’emolisi dovuta alla deposizione di immunocomplessi o alla formazione di autoanticorpi.

    Per quanto riguarda i globuli bianchi invece è possibile evidenziare sia fenomeni di leucopenia che di leucocitosi. Gli studi hanno comunque dimostrato che sono più frequenti i casi di leucopenia soprattutto quando sono già presenti i segni clinici della malattia.

    Nel cane sintomatico si possono rilevare inoltre trombocitopenia (mancanza di piastrine) e trombocitopatia, con conseguente aumento dei tempi della coagulazione del sangue. Questo spiega in parte sintomi come l’epistassi e la diarrea sanguinolenta, che vanno comunque associati a fenomeni quali l’iperviscosità del sangue e le ulcerazioni della mucosa nasale e intestinale. Le ulcerazioni delle mucose sono a loro volta associate all’elevato livello di azotemia, sempre conseguente all’insufficienza renale cronica. I reni infatti non funzionando bene non sono in grado di filtrare correttamente il sangue, non concentrano l’urina, e la conseguenza è un aumento dei cataboliti in circolo che danneggiano i tessuti dell’organismo.

    Lo striscio di sangue per la ricerca di amastigoti è indaginoso e spesso inconcludente, dal momento che i parassiti sono poco numerosi nel sangue periferico; sono invece efficaci l’emocoltura e la diagnosi con PCR, che sono però esami più costosi e complessi.

    Ha invece una sensibilità più elevata l’esame citologico dei campioni prelevati mediante aspirazione con ago sottile, realizzata nei pazienti che presentano linfoadenomegalia periferica generalizzata. In questo esame si nota un aumento del numero di plasmacellule e macrofagi che contengono un numero variabile di amastigoti. La citologia linfonodale quindi rappresenta un valido strumento diagnostico per confermare la presenza di Leishmaniosi , anche se sono necessari una buona esperienza e un accurato esame microscopico, perché i detriti nucleari e cellulari possono sembrare simili agli amastigoti e portare a diagnosi falsamente positive.

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  • Malattia valvolare mitralica (3°parte)

    Abbiamo visto che con il fonendoscopio e le lastre del torace, possiamo diagnosticare la presenza della malattia valvolare mitralica e monitorare la presenza e la progressione di edema polmonare. L’ecocardiografia nella diagnosi della malattia valvolare mitralica permette prima di tutto la conferma della diagnosi, consentendo di osservare le tipiche lesioni mitraliche e di valutare le conseguenze cardiache della presenza di insufficienza mitralica quali il grado di ipertrofia eccentrica e di dilatazione atriale sinistra. Inoltre la progressione della patologia, il sovraccarico di volume cronico e l’aumento della pressione atriale sinistra possono causare ipertensione polmonare. L’esame eco-doppler permette in questi pazienti di stimare la pressione polmonare in modo non invasivo, mediante la valutazione della velocità del rigurgito tricuspidale. L’ecocardiografia permette inoltre di valutare la funzione sistolica e diastolica e quindi di poter impostare o modificare il piano terapeutico in modo razionale.
    Riassumiamo in un semplice schema la diagnosi della malattia valvolare mitralica:

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    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Sclerosi senile del cristallino

    Il cristallino è una struttura dell’occhio nota anche come “lente”: esso consente la messa a fuoco delle immagini sul fondo dell’occhio grazie alle sue caratteristiche strutturali e al suo sistema di sospensione. Il cristallino è una struttura biconvessa , trasparente e refrattiva, sospesa e tenuta in sede dalle fibre zonulari, posta dietro l’iride, che separa i segmenti anteriore e posteriore dell’occhio. Esso è costituito da una capsula, da un epitelio e da fibre; è composto da un nucleo centrale e da una corticale circostante, che possono essere ulteriormente suddivisi in una porzione anteriore e una posteriore.

                                         cristallino

    Il cristallino dell’animale adulto è costituito da fibre primarie e secondarie. Le prime si differenziano dall’epitelio del cristallino posteriore in uno stadio precoce dello sviluppo dell’occhio, si allungano e riempiono la vescicola lenticolare, formando una sfera solida che nell’adulto costituirà il nucleo centrale del cristallino. L’epitelio posteriore della lente scompare quando essa diventa matura, rimanendo solo in forma di una capsula posteriore molto sottile. Le cellule dell’epitelio anteriore sono localizzate sotto la capsula anteriore e si moltiplicano attivamente per tutta la vita spostandosi verso la periferia e all’equatore si allungano per formare le fibre secondarie, che si estendono nella corticale anteriore e in quella posteriore. Durante tutta la vita dell’animale si formano nuove fibre secondarie, che causano una compressione progressiva del nucleo e una sua concomitante disidratazione. La capsula anteriore della lente è prodotta continuamente dall’epitelio anteriore e si ispessisce quando l’animale invecchia.

    Le fibre secondarie sono parzialmente responsabili delle normali alterazioni dovute all’età, in particolare della sclerosi nucleare senile. La sclerosi del nucleo si verifica negli animali anziani e nel gatto non è così evidente come nel cane: a causa di questo processo di invecchiamento fisiologico, la lente dei nostri animali diventa visibilmente più opaca e nel cane di 7-8 anni, è possibile individuarne il nucleo. Dal momento che l’aspetto della sclerosi della lente può essere molto simile a quello che assume il cristallino colpito da cataratta è importante rivolgersi ad uno specialista per permettere di differenziare i due fenomeni: per la saluta del vostro ciò è molto importante. La prima rappresenta infatti un processo fisiologico legato all’età dell’animale, la seconda un processo patologico che richiede un intervento specialistico, sia di tipo medico che chirurgico.

    A cura della Dott.ssa Valentina Declame

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  • Diagnosi di gravidanza nella cagna e nella gatta (II)

    Il metodo più sicuro per valutare lo stato di gravidanza è sicuramente l’ecografia.
    Con tale ausilio è possibile valutare la vitalità e la frequenza cardiaca dei feti. Inoltre è possibile monitorarne le fasi di crescita e sviluppo.
    Vediamo ora cosa si può rilevare con l’ecografia in ordine cronologico considerando come giorno “zero” quello in cui si è verificata l’ovulazione.
    17-19° giorno: è visibile una vescicola anecogena (nera) circondata da una linea iperecogena (bianca) che rappresenta la parete della vescicola. Questa risulterà sempre di forma tondeggiante in tutte le sezioni.
    20° giorno: il diametro della vescicola arriva a 7 mm e la lunghezza è di 15 mm.
    21° giorno: è visibile l’embrione all’interno della vescicola.

    eco gravidanza cagna
    25-30° giorno: è il periodo ideale per approssimare il numero totale dei feti.
    22-23° giorno: inizia l’attività cardiaca, ben più valutabile al 28-29° giorno. La frequenza cardiaca è di 200-250 battiti al minuto e cala in prossimità del parto.
    24-25° giorno: è visibile la placenta mentre il cordone si individua tra il 28-30° giorno.
    30-32° giorno: compaiono gli abbozzi degli arti.
    32-34° giorno: compaiono i nuclei di ossificazione.
    34-35° giorno: si individuano i primi organi addominali, ovvero lo stomaco e la vescica che appaiono come due strutture tondeggianti anecogene (nere).
    34-36° giorno
    : iniziano i movimenti fetali.
    37-39° giorno: si ha la divisione del cuore nelle quattro camere.
    37-45° giorno: si rendono visibili i reni e gli occhi.
    38-39° giorno: sono visibili i polmoni dall’ecogenicità maggiore del fegato (cioè più bianchi). Mentre il fegato è ipèrecogeno in confronto al resto dell’addome (cioè più bianco).
    55-61° giorno: è visibile l’intestino.
    Nonostante la valutazione dello sviluppo fetale ci dia degli ottimi indici per stabilire la data del parto non sarà mai precisa. Un metodo molto valido per stadiare la gravidanza è quello del rilevamento del diametro della vescicola embrionale nella prima metà della gravidanza e il diametro biparietale del cranio nella seconda metà. Esistono infatti delle formule matematiche che a partire da queste misure portano all’individuazione dei giorni mancanti al parto.
    Un ausilio diagnostico molto importante è rappresentato dalla radiologia, ma attenzione perché si può ricorrere a questa metodica solo dopo il 45° giorno di gravidanza, quando gli scheletri fetali iniziano il processo di mineralizzazione e sono quindi visibili sulla radiografia.

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    E’ importante eseguire la lastra a fine gravidanza per risalire al numero esatto di feti (contando le strutture craniche e le colonne vertebrali) e per paragonare il diametro della testa fetale all’asse trasverso della pelvi materna.
    Nella gatta la diagnosi di gravidanza segue lo stesso schema della cagna.
    In radiografia si studiano le strutture ossee per valutare l’età fetale.
    38-40° giorno: sono visibili cranio, scapola, omero, femore, vertebre e costole.
    43° giorno: sono visibili tibia, fibula, ileo, ischio.
    49° giorno: sono visibili metatarso e metacarpo.
    52-53° giorno: sono visibili lo sterno e le dita.
    56-63° giorno: sono visibili i molari.
    Una volta diagnosticata la gravidanza dovremmo adottare una serie di misure perché la futura madre sia in perfetta salute al momento del parto. Di questo argomento però parleremo nel prossimo articolo.

    A cura della dott.ssa Katiuscia Camboni della Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Leishmaniosi canina: lesioni a carico delle mucose

    In corso di Leishmaniosi generalmente le mucose si presentano anemiche, solo in alcuni casi sono di colore rosso-mattone e questo è indice di sofferenza epato-renale. Le mucose principalmente colpite sono:

    • La MUCOSA NASALE: le lesioni più frequenti sono erosioni ed ulcere sanguinanti che determinano epistassi (sanguinamento dal naso). Di solito si tratta di sanguinamenti che coinvolgono una sola narice, e bisogna prestare molta attenzione in quanto può essere il sintomo di una grave forma patologica a carico delle piastrine, chiamata trombocitopenia. Oppure il sanguinamento può essere dovuta ad una vasculite da immunocomplessi. In genere l’epistassi è stata riscontrata in cani che presentano ipergammaglobulinemia con conseguente aumento della viscosità sierica e diminuzione della risposta di aggregazione piastrinica al collagene. Oltre alle emorragie, la rinite può esprimersi anche tramite scolo muco-purulento.

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    • La MUCOSA ORALE: Anche sulla mucosa orale, soprattutto sull’orlo gengivale e sulla commessura labiale, si possono rinvenire delle piccole ulcere.

    • La MUCOSA CONGIUNTIVALE e le strutture oculari: molti dei soggetti con lesioni cutanee solitamente presentano anche una congiuntivite cronica o nodulare con raccolta di essudato muco – purulento nel sacco congiuntivale.
      Le palpebre spesso risultano ispessite ed edematose. Nei casi gravi si possono notare anche fenomeni di cheratite secca con opacamento corneale.
      La cheratite o la cheratocongiuntivite secca si presenta in circa il 3% dei cani infetti da leishmania, e si manifesta come flogosi cronica con vascolarizzazione superficiale ed edema corneale, il quale può presentarsi d’entità moderata oppure grave, tanto da impedire l’osservazione della camera anteriore dell’occhio. Se è interessata anche la ghiandola lacrimale, si deve pensare a fenomeni immunomediati più che alla presenza diretta del parassita. Le ghiandole lacrimali sono coinvolte da fenomeni infiammatori caratterizzati dall’infiltrazione granulomatosa o pio-granulomatosa, localizzata attorno al dotto lacrimale; ciò causa la ritenzione del secreto lacrimale. E’ anche molto frequente l’uveite anteriore di cui si conoscono due principali forme, una a carattere granulomatoso, che si presenta con la superficie iridea irregolare con piccoli granulomi da cui si può isolare il parassita; e un’altra, più comune e non granulomatosa, in cui l’iride si presenta semplicemente edematosa. In questo ultimo caso vi è anche la possibilità che si formino delle sinecchie (aderenze) posteriori nell’occhio, che sono spesso causa di glaucoma da blocco pupillare. L’ esame istologico evidenzia generalmente un infiltrato linfo-plasmocitario, associato ad una vasculite sistemica necrotica, che fa ipotizzare un problema di origine immunitaria. E’ stato osservato che la cheratouveite si manifesta il più delle volte in soggetti che hanno attraversato un ciclo di terapia non adeguato, e che sarebbe la manifestazione di una recidiva spesso associata a patologie da immunocomplessi in altri organi o di una forma cronica a lenta evoluzione. Nei casi particolarmente gravi si può arrivare al coinvolgimento di tutte le strutture oculari provocando una panoftalmite, ciò può avvenire per l’impossibilità da parte dei farmaci di raggiungere concentrazioni ottimali a livello di distretti oculari poco vascolarizzati. Rare sono le lesioni retiniche, come emorragie puntiformi sul fondo, fino al distacco retinico e conseguente cecità.

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  • Malattia valvolare mitralica ( 2° parte )

     

    malattia valvolare mitralica

    Continuiamo a parlare della malattia valvolare mitralica in particolare della diagnosi e dei sintomi.
    Una diagnosi ipotizzabile di malattia cronica degenerativa mitralica può essere posta semplicemente in base all’auscultazione cardiaca e al segnalamento. Infatti, la presenza sull’emitorace sinistro di un soffio più intenso a livello dell’apice cardiaco, in un cane anziano di piccola taglia, rappresenta l’elemento caratterizzante della presenza di insufficienza mitralica.
    Spesso i proprietari dei nostri pazienti lamentano la presenza di tose secca ed insistente o di “ svenimenti “ o di intolleranza all’esercizio. In questi casi la diagnosi necessita di altre metodiche di indagine come ad esempio l’esame ecocardiografico.
    La presenza di tosse è probabilmente il segno clinico più frequente riportato dai proprietari dei cani anziani di piccola taglia con insufficienza mitralica.
    La tosse è tipicamente una tosse secca, non produttiva. L’accesso di tosse si conclude con quello che la maggior parte dei proprietari descrive come un conato di vomito oppure come se volesse espellere qualcosa. La presenza di tosse in questi cani può tuttavia avere svariate cause e non indicare la presenza di edema polmonare.
    Le razze di piccola taglia sono predisposte a patologie primitive della via aerea quali collasso tracheale o bronchiale, o bronchite cronica e la tosse in questi soggetti può essere determinata principalmente da queste patologie.
    Infine non deve essere dimenticato che tra le diagnosi differenziali in un cane di età avanzata che tossisce deve anche essere considerata la presenza di neoplasia polmonare.
    Tutti i cani con soffio mitralico e tosse devono essere sottoposti ad esame radiografico del torace al fine di valutare la possibile presenza di patologie respiratorie concomitanti o di segni di edema polmonare.
    Nei cani con insufficienza mitralica, la dilatazione dell’atrio sinistro può causare compressione del bronco di sinistra e/o spostamento della trachea verso l’alto. La causa della tosse, in questo caso, è la continua stimolazione meccanica delle alte vie aeree.
    Sebbene la presenza di edema polmonare si possa manifestare talvolta con tosse, esso più comunemente è associato a ortopnea, dispnea, intolleranza all’esercizio, incapacità di dormire nella posizione abituale. Inoltre la tosse in questi soggetti è in genere lieve e non rumorosa. La radiografia del torace, anche in questo caso, ci guidano alla diagnosi e ci permettono di monitorare la risposta alla terapia e la progressione della patologia nel tempo.
    Continueremo nel prossimo articolo a parlare di sintomi e di diagnosi della malattia valvolare mitralica.

    Articolo a cura della Dott.ssa Daniela Ferrari, Clinica Veterinaria Borgarello

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  • Glaucoma (4°parte)

    Dopo aver affrontato il glaucoma primario nel cane, tratteremo in questo articolo il glaucoma secondario, ovvero quella forma di glaucoma che si manifesta a causa di altre problematiche oculari che interferiscono con la circolazione e il drenaggio dell’umor acqueo.

    La maggior parte dei cani con glaucoma secondario si presenta con un occhio dolente e con arrossamento o colorazione grigio-bluastra della cornea. Molti cani hanno un’anamnesi di precedente malattia oculare: le patologie più frequenti sono uveiti anteriori traumatiche, immunomediate o infettive. I casi con un’anamnesi acuta possono essere associati a lussazione della lente, che dovrebbe essere presa in considerazione in tutte le razze Terrier. Spesso la cataratta intumescente che si osserva spesso nei pazienti diabetici può scatenare un glaucoma secondario, spesso aggravato da un’uveite lente-indotta.

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    All’esame clinico generale il cane potrebbe essere leggermente depresso e avere una leggera piressia. La presentazione del glaucoma è monolaterale ma, se il paziente ha sofferto in precedenza di una uveite bilaterale, entrambi gli occhi possono sviluppare un glaucoma più o meno contemporaneamente. All’esame oftalmologico l’occhio interessato può apparire ingrossato. Questo è più comune nei casi di lunga durata o nei cani più giovani e nei cuccioli, nei quali il globo è in grado di distendersi più facilmente. E’ probabile che l’occhio sia arrossato con iperemia congiuntivale e congestione episclerale: può anche essere presente vascolarizzazione corneale periferica. Se non è presente la reazione di minaccia, l’occhio probabilmente è cieco, la pupilla appare dilatata e non risponde agli stimoli luminosi. In alternativa, la pupilla può avere una forma o dimensione anomala. La cornea non è normale: è probabile un certo edema corneale, vascolarizzazioni, ulcere o pigmentazioni. Un attento esame dell’iride è importante poiché nei cani anziani una neoplasia con una massa uveale è una comune causa di glaucoma secondario.

    La misurazione della pressione intraoculare è fondamentale in qualsiasi caso sospetto.

    E’ importante cercare di stabilire la causa sottostante che ha innescato il glaucoma secondario: per far ciò spesso è necessario ricorrere all’ecografia oculare perché la cornea spesso è opaca e non permette un esame intraoculare dettagliato.

    La gestione medica del glaucoma secondario è diretta al trattamento della causa sottostante così come della pressione intraoculare aumentata. Tuttavia, molti casi non rispondono alla terapia medica e molto spesso è richiesta l’enucleazione. In caso di pressioni intraoculari moderatamente aumentate associate a una uveite primaria si ricorre al trattamento medico con inibitori topici dell’anidrasi carbonica e con agenti antinfiammatori sia topici che sistemici, generalmente steroidi, ma qualche volta FANS. Non appena l’uveite si stabilizza, la pressione si abbasserà, purché non ci sia un eccessivo danno all’angolo di drenaggio. Sono importanti controlli frequenti e la terapia può essere necessaria a vita.

    A cura della Dott.ssa Valentina Declame

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  • Esami del sangue: il fegato

     

    fegato 

    Oggi ci occupiamo del fegato e dei parametri utilizzati per valutarne, mediante esami di laboratorio, il corretto funzionamento: transaminasi, fosfatasi alcalina e gamma glutamil transferasi.

    Il fegato è un organo multifunzionale con straordinarie capacità compensatorie e, talora, rigenerative: rappresenta un vero e proprio “crocevia” della maggior parte dei processi metabolici che avvengono nell’organismo. Tra i compiti fondamentali svolti dal fegato possiamo annoverare: la sintesi di molte proteine, la regolazione del metabolismo del glucosio e dei lipidi, la degradazione del gruppo EME, la produzione ed il metabolismo dell’acido biliare e , ancora, il metabolismo di molte sostanze estranee tra cui i farmaci.

    Esso è costituito da differenti tipi di cellule svolgenti i numerosi compiti richiesti a quest’organo, a cui si aggiunge una complicatissima rete di vasi sanguigni che lo mettono in comunicazione praticamente con tutti gli altri apparati: il tutto è organizzato in vere e proprie unità funzionali. Esiste una correlazione talmente stretta tra la struttura fisica del fegato e la sua funzione che qualsiasi danno derivante da patologie epatiche, ed anche extraepatiche, non causa soltanto alterazioni a livello di test di laboratorio ma anche nell’aspetto istopatologico dell’organo stesso ovvero nella sua morfologia.

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    Alla luce di quanto appena detto, coi test di laboratorio andiamo a vedere due tipi di enzimi epatici: quelli che indicano se c’è un problema di tipo “strutturale” ovvero le transaminasi e quelli che segnalano un “malfunzionamento” del fegato, la fosfatasi alcalina e la gamma glutamil transferasi.

    Ci sono due tipi di transaminasi: l’alanina transferasi (ALT o GPT) e l’aspartato amino transferasi (AST o GOT). L’ ALT deriva da un processo di deaminazione degli aminoacidi ed è presente prevalentemente all’interno del citoplasma degli epatociti: per questa ragione è un ottimo marker di integrità morfologica del fegato. Una qualsiasi alterazione della membrana di queste cellule conseguente a danno, attività rigenerativa, riparativa o disturbi metabolici, provoca un rilascio di GPT nel circolo sanguigno. L’entità dell’aumento di questo enzima è proporzionale al numero di epatociti colpiti. L’aspartato amino transferasi si trova abbondante anche in altri siti, oltre al fegato, quali il muscolo striato sia scheletrico che cardiaco. Un aumento di AST nel sangue, pertanto, può essere dovuto anche ad un danno a livello muscolare, ma se si ha un contemporaneo innalzamento dell’ALT, allora ci si indirizza verso il fegato. Il fatto che aumentino entrambe le transaminasi è segno di danno più grave a livello di struttura epatica: l’AST, infatti, si trova più “in profondità” rispetto all’ALT, nei mitocondri delle cellule, quindi per liberarla occorre un danneggiamento di maggiore entità.

    Fegato - Vena porta e Coledoco - 02

    La fosfatasi alcalina (ALP) e la gamma glutamil transferasi (GGT) sono due enzimi utilizzati per valutare la funzionalità epatica. L’ALP è sita a livello di membrana canalicolare, la GGT è associata alle cellule epiteliali costituenti il sistema di dotti biliari intrinseco al fegato. L’attività della fosfatasi è localizzata principalmente a livello epatico, nei tubuli renali, nell’intestino e nelle ossa. La frazione epatica tende ad aumentare nel sangue quando c’è alterazione del flusso biliare (malattie epatobiliari colestatiche) perché si ha ritenzione di bile che determina un aumento della permeabilità della membrana epatocitaria. Esistono anche farmaci che provocano, soprattutto nel cane, un rialzo di fosfatasi alcalina nel sangue quali i glucocorticoidi e gli anticonvulsivanti. Nel gatto l’ipertiroidismo determina spesso un aumento degli enzimi epatici nel sangue. La GGT è localizzata a livello di membrana in numerosi tessuti, comprese le cellule epiteliali epatiche. Il suo rialzo nel sangue avviene in condizioni analoghe a quelle dell’ALP (malattie colestatiche e farmaci). Di solito, però, l’aumento della sua attività è comunque minore rispetto a quello della fosfatasi alcalina e decisamente più lento; quando si rilevano elevati livelli di entrambi, si può sospettare un danno funzionale maggiore e, probabilmente, una patologia cronica.

    Nel prossimo articolo sugli esami biochimici, affronteremo il discorso sulla rilevazione del glucosio nel sangue. Continuate a seguirci sul tgvet.

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  • Leishmaniosi canina: lesioni a carico della cute

    Uno dei primi segni osservabili è una moderata rarefazione del pelo che può talvolta interessare tutta la superficie corporea, anche se solitamente interessa in particolare la testa. Sono colpiti soprattutto: i padiglioni auricolari; le zone intorno agli occhi; il dorso del naso; il collo; la punta dei gomiti, dei garretti e delle natiche; la base e la punta della coda; gli arti, soprattutto a livello di prominenze ossee.

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    Con il progredire della malattia le zone colpite divengono più estese e, dalla semplice rarefazione, si può passare all’alopecia. La pelle si presenta poco elastica, grigia, secca, a volte ispessita e ricoperta da squame biancastre, caratteristiche della dermatite furfuracea. Le lesioni cutanee generalmente non sono pruriginose.  Le aree alopeciche possono presentare delle zone squamo-crostose, che possono poi evolvere a erosioni, inizialmente superficiali fino a provocare delle vere e proprie ulcere; spesso infiltrate di essudato siero-purulento. La dermatosi ulcerativa può localizzarsi sulle zampe, in corrispondenza delle prominenze ossee, sui cuscinetti plantari e sul tartufo.

    Altra lesione caratteristica e presente nella maggior parte dei casi, è la crescita abnorme delle unghie chiamata onicogrifosi, che assumono quasi la forma di artigli, dovuta alla reazione proliferativa della matrice ungueale. All’esame della cute è possibile osservare anche la presenza di noduli od ispessimenti non ulcerati e non dolenti di vario diametro da 1 cm fino a 10 cm.

    L’ immunodepressione causata dalla Leishmaniosi può favorire il sovrapporsi di quadri di rogna demodettica, anche in cani adulti.

    L’onicogrifosi, le scarse condizioni generali e la caratteristica alopecia intorno a entrambi gli occhi, fanno assumere all’animale il tipico aspetto di cane anziano.

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