Si chiama Amì ed è un’impresa d’eccellenza italiana. Il titolare dell’azienda è Emanuele Boccardo, è nato a Torino ma è di origini genovesi. Quindici anni fa la sua idea faceva discutere. Oggi le multinazionali lo inseguono. Dieci dipendenti, fatturato di un paio di milioni, stabilimento a Vicenza e magazzini a Verona, quartier generale a Padova, export in tutto il mondo, fino in Islanda. Mercato privilegiato, Italia e Germania.
Cosa produce Amì? Crocchette per cani e gatti vegetariane
Il mercato italiano del pet food è il terzo d’Europa, dopo Francia e Germania, e nel 2014 ha fatto registrare un volume d’affari di un miliardo e 830 milioni. Migliore performance, in termini ovviamente relativi, quella dell’unico brand italiano specializzato in cibo vegetariano, Amì di Padova. Più trenta per cento.
Il pet food ha varcato la frontiera del cruelty free, che significa liberi dalla crudeltà, con i quattro monopolisti Nestlé, Procter & Gamble, Waltham e Hills convinti a commercializzare una linea di prodotti senza proteine animali.
Alle crocchette sono aggiunte le sostanze nutriente necessarie alla sopravvivenza degli animali, come a esempio la taurina nel cibo per gatti senza la quale l’animale diventerebbe cieco.
“Quindici anni fa ci ridevano in faccia. I gatti sono carnivori! I cani hanno bisogno di rosicchiare l’osso di bue! Mistificazioni. Nelle crocchette tradizionali mettono manzo, cavallo, trota… Avete mai visto un gatto squartare un vitello? O andare a pesca, magari con la mosca”
Silvia Mazzari, vegetariana militante, responsabile marketing svela il motivo del successo: “Il segreto è stato puntare su etica e salute, due temi che stanno moltissimo a cuore ai consumatori. Come può un amico degli animali dar da mangiare al proprio gatto, o al proprio cane, un altro animale? E siamo sicuri che facciano bene gli scarti degli scarti degli scarti? Perché la taurina è nel muscolo e il muscolo è un taglio di carne destinato al consumo umano… nelle crocchette mettono i cascami, la pelle, le cartilagini. Più gli additivi e tutte le schifezze degli allevamenti intensivi”.
Il risultato sono crocchette a forma di cuore, non pesciolini o sagome di osso create da un’impastatrice che mescola cereali, vitamine, ortaggi liofilizzati. Molto appetibili, per le multinazionali.
Di parere diverso Aldo Verner, veterinario ed etologo della Lipu, sentito da La Stampa
“L’etica è del padrone, non del cane o del gatto. Su questo bisogna essere chieari. Noi forziamo la natura: se un gato dovesse basarsi suoi suoi denti, a quattro o cinque anni sarebbe probabilmente morto. Anche se non bisogna dimenticare che i gatti uccidono spesso per divertimento. Ma umanizzare gli animali è un errore. Loro seguono l’istinto. Non ci sono controindicazioni se nelle crocchette ci sono le sostanze necessarie alla sopravvivenza dell’animale ma se parliamo di gusto sicuramente preferiscono una bistecca”.
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