Il drago di Komodo (Varanus komodoensis), è conosciuto come varano di Komodo e rappresenta uno dei più temibili e letali animali che vivono sulla terra. Se il mondo del fantasy ci ha abituati ad una rappresentazione dei draghi molto imponente e a tratti inquietante, questo lucertolone non fa certo eccezione: non ha le ali, ma è lungo tre metri, coperto di squame, con lunghi artigli e lingua biforcuta che saetta dalla bocca, in grado di attaccare prede grandi e anche l’uomo. Si tratta di un feroce predatore che rappresenta il più grande dei sauri: raggiunge i 3 metri di lunghezza ed un peso che va tra i 70 egli 80 Kg, raramente supera i 100.  Ciò nonostante si tratta di un animale agile e veloce, in grado di attaccare prede da 450 kg.

Questo rettile può percorrere fino a 10 km al giorno in cerca di cibo, ed è in grado di compiere scatti fulminei che gli permettono di raggiungere velocità di 18-20 km/h. Pertanto è bene stargli almeno a 10 metri di distanza. La tecnica di attacco del drago di Komodo è molto efficace: si nasconde, si camuffa, aspetta e si avvicina lentamente per poi scattare e afferrare la preda per una zampa le sue prede, mordendole e iniettando così un mix letale di batteri e veleno. Il drago di Komodo riesce a consumare in un pasto una quantità di carne pari all’80% del proprio peso, pertanto della vittima non rimane praticamente nulla. La maggior parte delle prede vengono divorate, ma se qualcuna riuscisse a fuggire sarebbe comunque una morte quasi certa: il varano infatti segue la vittima per chilometri, con l’obiettivo di morderla in quanto nella sua saliva vivono 50 ceppi di batteri che, in 1-2 giorni, avvelenano il sangue della vittima fino a ucciderla, pertanto a quel punto non gli basta che attendere.

Questi lucertoloni sono persino cannibali, e talvolta si trovano ad attaccare anche gli esemplari più giovani della loro stessa specie, mentre altre volte si nutrono di animali già morti. Possiedono un olfatto molto sviluppato che gli permette di individuare il cibo fino a 5 Km di distanza. Si tratta di animali pericolosi anche per l’uomo: in passato gli indigeni ne parlavano come di draghi divoratori di uomini e animali: all’inizio del ’900, i coloni europei diffusero la leggenda del “mostro”. Nel 1912 gli scienziati riuscirono a esaminare il primo esemplare. Essi vivono a lungo, fino a 65 anni, ma in età anziana solitamente sono molto più calmi, si cibano principalmente di carogne ed è facile difendersi dal loro attacco.

Si tratta di una specie a rischio di estinzione: in tutto sono presenti meno di 5.000 esemplari e la specie è definita vulnerabile ed è inserito nella Lista rossa IUCN. Nel dettaglio è considerata a rischio in quanto le femmine in grado di riprodursi sono solo 350. Pertanto, al fine di salvaguardare il drago, il 6 marzo 1980 è stato istituito il Parco Nazionale di Komodo.

Dal punto di vista della riproduzione, il drago di Komodo è uno dei rettili in cui le femmine possono dare origine ai figli senza accoppiarsi, anche se in questi casi nascono solo maschi e di solito avviene in cattività. In età giovane, fino ai tre anni, questi rettili sono molto vulnerabili, pertanto vivono per la maggior parte del tempo sugli alberi in modo da essere al sicuro da predatori ed eventuali attacchi.

Un’altra curiosità potenzialmente utile del drago di Komodo riguarda nel suo sangue: recentemente è stato scoperto (dalla George Mason University in Virginia (USA), pubblicato su The Journal of Proteome Research) che il sangue di questi sauri è ricchissimo di composti che potrebbero essere utilizzati come antibiotici. Infatti nonostante la saliva sia letale, i draghi di Komodo sembrano resistere ai morsi degli altri draghi: come molti animali sono dotati di proteine note come peptidi antimicrobici (AMP) che fungono da armi contro le infezioni, ma quelle del Drago di Komodo devono essere particolarmente potenti. E potrebbero essere una promettente fonte di principi attivi su cui costruire nuovi ed efficaci antibiotici.

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