Vedere il mondo attraverso i «piccoli occhi» di un amico a quattro zampe, Spock, un golden retriever di 9 anni. Questa è l’esperienza quotidiana del giornalista e scrittore spagnolo Emilio Ortiz, che ha deciso di raccontarla nel libro «Attraverso i miei piccoli occhi – A través de mis pequeños ojos» (edizioni Salani), aiutato da due personaggi di fantasia. La voce narrante è quella di Cross, un cane color miele, allegro e leale, addestrato per aiutare le persone a muoversi in quel mondo che da soli non possono vedere. A 19 mesi il cucciolo esce dall’allevamento dove è nato («Andiamo Cross, oggi sarà un giorno molto speciale per te… Saluta i tuoi amichetti», gli viene comunicato quando deve lasciare la struttura) per diventare «gli occhi» di Mario, un 22enne non vedente, studente universitario, che ha il desiderio di realizzarsi nel lavoro e nella vita di coppia. Tra i due si stabilisce una simbiosi, un patto non scritto.
Amicizia e gratitudine
Ortiz, spagnolo dei Paesi Baschi (Bilbao, classe 1974), laureato in Storia, papà di una bimba, è nato con una malattia progressiva, una retinite pigmentosa, che prima lo ha reso ipovedente e poi totalmente cieco. Grazie al codice Braille e ad alcuni software informatici, è riuscito a mettere per iscritto una storia di gratitudine, fiducia e speranza, ispirata alla sua vita. «Ho avuto un’infanzia difficile a causa del progresso della mia disabilità. Mia madre è sempre stata con me, ha rappresentato un pilastro. Ho trascorso adolescenza e parte della giovinezza a Madrid, negli anni della movida madrileña. A venticinque anni, quando sono diventato papà, è cambiato molto: ho iniziato a lavorare in una ong, la Once, che si occupa di persone non vedenti, e ora scrivo», racconta Ortiz al Corriere della Sera.
Negli occhi di un cucciolo
Nel romanzo, Cross, il protagonista, dimostra di essere un acuto osservatore della realtà degli umani, dei suoi pregi e dei difetti: da un lato l’aiutarsi vicendevole tra persone («bipedi», come li chiama lui), dall’altro la scarsa empatia di quanti impediscono l’accesso in alcuni luoghi ai cani-guida. «Nessuno meglio di un essere appartenente a un’altra specie ci sa osservare con una prospettiva critica e obiettiva. Cross è una guida allegra e maliziosa, Mario un giovane cieco che cerca di farsi strada nella vita: insieme formano una squadra inseparabile», continua. Un’unione che dà senso alla storia e al libro. «Cross e Mario passano 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana insieme, come a me accade con Spock. Vivono molte avventure insieme, diventano più di una coppia, un’unità», che comunica attraverso «un linguaggio non verbale, invisibile».
Gli animali ci sentono
Se l’importanza di qualsiasi cane, qualsiasi animale che vive con noi, è rilevante, «immaginate nel caso di un cane-guida. Sono i nostri amici, fratelli, occhi, compagni nella vita e sulla strada. Anche la conoscenza dal punto di vista emotivo è unica: so quando Spock è felice o triste, e lo stesso accade a lui con me. Ci aiutiamo a vicenda. Lui mi guida, mi dà il meglio che ha e io cerco di premiarlo. Gli devo molto», sottolinea Ortiz. La fedeltà è il filo rosso che lega le pagine: quella del cane che, una volta affidato a Mario, vive solo per il suo padrone e il suo compito, e quella di Mario che, una volta ricevuto Cross, non può fare a meno di occuparsi di lui, il suo migliore amico. Tutti valori che ritroviamo anche in uno dei libri che ha segnato l’infanzia dello scrittore: «Il Piccolo Principe (quello dell’essenziale che è invisibile agli occhi) è un omaggio a onestà, amicizia e amore per gli altri esseri umani e le altre specie. Un testo che ci fa guardare il mondo con il cuore – aggiunge -. Negli ultimi anni, invece, mi hanno accompagnato le opere di Rosa Montero, Espido Freire, Juan José Millas, Manuel Vazquez Montalban, Camilleri e Atwood».
Uno sguardo al futuro
Ora che il sogno di un romanzo è stato raggiunto, Ortiz non si ferma: «Lotto per raggiungere un mondo più giusto, più gentile, nel quale prevalga la giustizia sociale. Vorrei continuare a scrivere e che mia figlia fosse molto, molto felice», confessa. Da dove partire? «Abbiamo disimparato molte cose dal nostro passato: dobbiamo prestare maggiore attenzione al nostro istinto e, come ho imparato da Spock e dagli altri cani, vivere in un presente continuo. Il passato e il futuro non esistono, sono cose che solo l’uomo percepisce, ma non gli animali. Ci possono insegnare molto», conclude. Con un ringraziamento ai «cani professionisti, poliziotto, vigili del fuoco, da salvataggio, terapeutici e così via, per rendergli un tributo e anche per denunciare chi li abbandona e ne abusa».
12 aprile 2018 (modifica il 12 aprile 2018 | 12:55)
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