Roma, 27 aprile 2017 – Neanche i gatti, a Roma, lavorano più come una volta. Il mito internazionale dei mici più scarrupati e decisi del mondo crolla miseramente sotto le parole, pesanti come pietre, di Antonio Razzi, parlamentare imprevedibile che in questi giorni si sta candidando come “mediatore” tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord. Mica barzellette.
Ma torniamo ai gatti della città eterna detronizzati dal politico al rango di micetti da salotto. Il perché lo ha spiegato lo stesso Razzi intervenuto, ieri mattina, ai microfoni di ECG, il programma condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio su Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano. Razzi ha parlato di una petizione che alcuni hanno indetto su change.org per fargli vincere il nobel per la pace: “Una petizione per darmi il Nobel per la Pace? Non so chi l’ha fatta, io non ne so niente, certo se l’hanno dato a Obama, come dice qualcuno, potrei averlo anche io. Io sto cercando di fare pace, lui cosa ha fatto? Ha solo promesso di chiudere il carcere di Guantanamo, invece è rimasto così. Se l’hanno dato a Obama possono darlo anche a Razzi, io per l’Asia unita ci metto anima e core. Se dovessero darmi il Nobel per la Pace non farei come Bob Dylan, ci andrei. Ci vuole rispetto per chi ti da’ un riconoscimento, un regalo”.
Sulle sue missioni di pace in Corea: “Io ho scritto al Presidente Trump, ho parlato in Corea e loro assicurano che non devono fare la guerra con nessuno, anzi stendono la mano per pacificare. Però è chiaro che se qualcuno li attacca loro rispondono. Consiglio a tutti di andare lì e di vedere con i loro occhi come è Kim. Se loro mi affidassero il compito di fare l’ambasciatore di pace, perché ora sto pagando io di tasca mia, non i cittadini italiani, e molte volte si arrabbia anche mia moglie. Se loro mi dessero il compito ufficiale di dialogare per la pace sicuramente ci arriveremmo in pochi giorni. L’incarico ufficiale devono darmelo o il governo italiano o quello americano”.
Prima di chiudere Antonio Razzi è tornato a parlare dell’emergenza topi nella Capitale: “Quando dico una cosa ci ridono, ma poi quello che dico io diventa realtà. A Roma ci vogliono i gatti asiatici, la mia idea l’hanno ripresa anche alcuni stati americani. Se la Raggi mi chiamasse sarei pronto anche oggi ad accompagnarla per il bene della città di Roma ad andare a prendere i gatti asiatici. E’ importante, i gatti devono essere asiatici, perché sono più cacciatori, sono più affamati, più furbi. Il gatto normale magari si siede e aspetta che il turista gli dia da mangiare, invece il gatto asiatico non si fida di quello che gli danno i turisti, va a caccia, è indipendente”. Poche parole e crolla un mito: i gatti di Roma sono andati in pensione, complici i turisti generosi di cibo. Per il futuro anche i micetti dovranno venire dalla Cina o, comunque, dall’Asia per essere all’altezza dei topi della Capitale già proiettati nel Terzo Millennio.
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