Una sentenza della Cassazione ha stabilito che chi accudisce i cani randagi ne diventa penalmente e civilmente responsabile. E’ polemica dopo la decisione dei giudici che inguaiano un signore di Termini Imerese. Una decisione che ha scatenato le ire della Lega Nazionale per la Difesa del Cane. Dando da mangiare ai cani senza padrone si instaura una “relazione di detenzione”, secondo la Cassazione, chiamata ad esperimersi sul caso di un uomo di Termini che aveva dato occasionalmente da mangiare a due cani randagi che avevano poi morso un passante. Da qui era partita la denuncia.
Davanti al giudice di pace, l’uomo ha dichiarato che quei cani non erano suoi né li aveva mai considerati tali, limitandosi a lasciare loro qualche avanzo. Dopo essersi rifocillati, i cani continuavano a scorrazzare liberamente per il territorio comunale. Un giorno un passante li ha visti e ha chiesto all’uomo, che sembrava per lui esserne il proprietario, se ci fosse il rischio di essere aggredito. “Non tema, non mordono”, sarebbe stata la risposta. Ma i due cani lo hanno attaccato e morso. A quel punto l’uomo si è difeso, sostendendo che la responsabilità giuridica di quei due randagi fosse del Comune e non sua, ma per lui è scattata una multa da 200 euro.
La questione è proseguita fino ad arrivare alla Cassazione, dove gli ermellini hanno ribadito un principio di fondo: “La posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione”.
“E’ una sentenza di una gravità eccezionale, che evidenzia la totale inadeguatezza della magistratura verso le criticità del randagismo e le responsabilità dei sindaci, completamente ignorate e impunite – commenta aspramente Piera Rosati, presidente nazionale di Lega Nazionale per la Difesa del Cane -. La suprema corte, anziché riconoscere come prevede la legge 281 del 1991, che il sindaco è la massima autorità sanitaria, il padrone di tutti i cani randagi sul territorio e che risponde dell’incolumità pubblica, ha invece scaricato sul privato cittadino le negligenze municipali, le inefficienze della veterinaria pubblica, un sistema che vede semmai colpevoli le autorità locali che non sterilizzano e non microchippano i cani di loro proprietà come obbliga la legge”.
La presidente nazionale della LNDC non ci sta: “La Cassazione ha ribaltato i solidi principi della giurisprudenza, le conquiste faticose di civiltà rimettendo tutto drammaticamente in discussione, riportando indietro la storia in una terra peraltro afflitta gravemente e sempre più impunemente dal fenomeno degli abbandoni, del randagismo endemico e cronico, figlio di politiche decennali di disinteresse, scaricando sul volontariato e sui singoli cittadini l’onere di dare benessere e la consolazione del cibo. Speriamo in una magistratura più illuminata e più avanti negli anni, nella cultura, nella presa d’atto che il mondo evolve. Sperando nell’evoluzione anche dei sindaci”