Basta un attimo, il tempo di fiutare l’aria, e Quincy capisce che alla sua padroncina Chiara serve assumere zucchero per riprendersi da un calo improvviso e pericoloso della glicemia. Non appena percepisce l’odore che lo mette in guardia, il bellissimo golden retriver si avvicina alla ragazzina e inizia a leccarla. E lo fa fino a quando lei non gli mostra il glucometro, si misura la glicemia e mangia una caramella.
Non solo. Il cane, grazie ai suoi 220 milioni di ricettori olfattivi, capisce anche quando la glicemia di Chiara sale oltre una certa soglia e dà l’allarme sollecitando un intervento. Per Quincy si tratta di un gioco, per Chiara si tratta della vita. La storia della tredicenne di Lograto e della onlus «Serena» ha chiuso l’assemblea annuale dell’Associazione diabetici della provincia di Brescia, che si è tenuta alla facolta di Medicina e chirurgia.
Chiara ha scoperto di essere diabetica nel settembre del 2016. «Quando me lo hanno detto ho cominciato a piangere – racconta -, sono stata molto male. Poi un’amica di mia mamma ci ha parlato della possibilità di prendere un cane e di addestrarlo a segnalare le ipo e le iperglicemie e così a marzo dell’anno scorso è arrivato Quincy. Con lui mi è tornato il sorriso». La relazione che l’adolescente e il cane hanno stretto è molto intensa e al tempo stesso porta benefici enormi. Non solo dal punto di vista psicologico ma anche di gestione della malattia e quindi di qualità della vita.
Il cane ha bisogno di fare movimento così come il paziente diabetico: l’attività fisica è uno dei pilastri sui quali si basa la cura della malattia. Il percorso di formazione del «dottore a quattro zampe» (che non si sostituisce certo al medico o al glucometro) è lungo e articolato, ma efficace. «Un istruttore dell’associazione Serena è venuto a casa nostra una volta ogni quindici giorni – spiega ancora la tredicenne -, da quando è arrivato Quincy, quindi un anno fa. Ma la formazione non è ancora conclusa perché dovremo testare il suo fiuto all’esterno, e nelle situazioni più sviariate».
Il protocollo di addestramento dei cani d’allerta dell’associazione Serena è stato ideato da Roberto Zampieri nel 2013, e «si basa sulla relazione tra cane e padrone e sulla collaborazione tra i due», aggiunge Laura Sabbadini, istruttrice cinofila della onlus. È in fase di avvio una ricerca di Progetto Serena e Università di Verona per ottenere un riconoscimento di validità ed efficacia di questo metodo, per certificare che «si tratta di un metodo che riesce a migliorare la qualità della vita». E ben lo testimonia Franco Iannelli, imprenditore diabetico che tiene al suo fianco Mia, splendido esemplare femmina di pastore tedesco. «Una notte ero in albergo a Verona e stavo dormendo, non mi ero accorto di essere in ipoglicemia. Mia lo ha sentito e non avendo risposte da me è riuscita ad aprire la porta e ad avvisare il portiere dell’hotel che ha poi chiamato i soccorsi. Se non ci fosse stata lei io sarei morto».
Oggi i cani che stanno seguendo il percorso di addestramento sono ottanta, gli istruttori cinofili una trentina. Nel Bresciano oltre a Quincy se ne conta solo un altro.
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