Se qualcuno ha causato la morte del vostro cane o gatto, sappiate che questo danno secondo la legge va risarcito in misura anche maggiore del valore commerciale dell’animale stesso.
Un elemento certo secondario rispetto al dolore della dipartita del nostro amico del cuore, ma pur sempre da tenere in considerazione.
A stabilirlo è stato infatti in tempi recenti il Tribunale di Vicenza, con una sentenza che ha stabilito un importante precedente e che chiarisce un punto già palese ai possessori di animali e domestici : questi ultimi, spiega infatti la sentenza, non sono solo animali di compagnia ma parte del cuore del loro padrone.
Non a caso del resto la giurisprudenza li chiama «animali d’affezione» per distinguerli dagli animali sfruttati per fini produttivi (una mandria di mucche, un gregge di pecore, un allevamento di trote, ecc.).
Tanto è vero che i primi non possono essere pignorati dai creditori, mentre i secondi sì. Affetto o amore che sia, chi perde un animale domestico soffre. E questa sofferenza va risarcita da chi ne ha causato la morte o lo smarrimento.
Detto risarcimento, quindi, si aggiunge poi al valore commerciale dell’animale che pure andrà risarcito.
Nel 2008 la Cassazione (Cass. sent. n. 26972/08) ha emesso due importanti sentenze con lo scopo di impedire la proliferazione di risarcimenti per lesioni modeste, che non trovano tutela nella Costituzione o per comportamenti che non costituiscono reato.
Questo perché la fantasia e l’originalità di molti giudici aveva fatto sì che, nelle aule dei tribunali, si inventassero ogni volta nuove forme di voci di danno. In altre parole, è stata cancellata la possibilità chiedere un risarcimento per un taglio di capelli errato o per lo stress causato da una pratica al Comune.
Il risarcimento è stato così confinato a due sole ipotesi: il danno patrimoniale (quello cioè per le spese sopportate e il mancato guadagno) e quello non patrimoniale nelle sue componenti del danno biologico (la lesione all’integrità fisica o psichica), il danno morale (la sofferenza causata dal fatto illecito), il danno esistenziale (la compromissione alle relazioni sociali, alla serenità familiare, ecc.).
Ora però l’atteggiamento verso gli animali è cambiato anche nell’atteggiamento del legislatore, il quale con una riforma del 2004 ha introdotto nuovi reati per l’uccisione ed il maltrattamento degli animali. La perdita di un cane o di un gatto non è una questione insignificante, ma la lesione di uno dei «diritti inviolabili» della persona come sanciti dalla Costituzione. Il rapporto con gli animali domestici deve essere considerato «una relazione con esseri viventi» perché è anche con essi che si forma e cresce la persona.
Nel caso di specie è stata condannata una clinica per aver fatto scappare un cane che era ricoverato presso la struttura. L’animale non era stato più ritrovato. La responsabilità dei responsabili ha così coperto la sofferenza morale dei padroni, una coppia che aveva preso il cane da un canile. Non c’è più quindi una differenza, nell’entità del risarcimento morale, tra animale di razza e bastardino se non il prezzo di acquisto.
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