I serpenti marini sono l’equivalente, per i rettili, dei cetacei per i mammiferi: animali che, malgrado la loro origine terrestre, hanno fatto dell’acqua il loro unico ambiente. Questi rettili marini, come i cetacei, non tornano mai a terra: cacciano in acqua, dormono in acqua e si riproducono in acqua. Il problema delle uova lo avevano risolto già prima di diventare acquatici, poiché sono tutti ovovivipari, partoriscono vivi sino a 30 serpentelli, già piuttosto grandi.
Uno dei serpenti marini più comuni è il serpente di mare col becco (Enhydrina schistosa) detto così per via della bocca che sembra un becco di tartaruga. Un altro dei suoi nomi è valakadyn, una parola tamil che significa mordi-rete, perché spesso viene pescato per errore. Ed è un problema, visto che questo serpente è tra i più velenosi al mondo: bastano 1,5 milligrammi del suo veleno per uccidere un uomo, e di solito inietta molto più della dose letale. Si tratta inoltre, al contrario degli altri serpenti marini, di una specie molto aggressiva e imprevedibile, che non esita ad attaccare alla minima provocazione, anche se non ha i denti adatti: sono piccoli e rivolti all’indietro e per avvelenare
deve prendere in bocca e masticare la preda, ma non esita ad addentare le dita o le mani. Quasi il 90% delle fatalità legate ai serpenti marini sono da collegarsi a questa specie.
Il veleno di questo serpente è un cocktail di 18 tossine molto potenti, e sono presenti neurotossine e miotossine che causano paralisi e distruzione dei muscoli. Se non si interviene immediatamente con un siero la morte avviene per paralisi respiratoria. Curiosamente, una delle prede preferite dal serpente col becco sono i pesci palla, le cui carni sono ancora più velenose delle tossine dei serpenti stessi, che però sono del tutto immuni alla tetrodotossina dei pesci palla, motivo per cui sono studiati dal punto di vista tossicologico.
L’areale di questa specie, non a rischio, si estende dal golfo di Oman all’Australia. Non è impossibile che con i cambiamenti climatici si possa espandere verso nord, nel Mar Rosso, e di lì nel Mediterraneo, come hanno già fatto i pesci palla, ormai in espansione rapida nei nostri mari.