Lunedì, 21 Dicembre 2015 11:25
Era imputato con l’accusa di aver prestato 10mila euro a un macellaio e di averne rivoluti indietro 20mila. Succedeva a Vetralla, tra il 2008 e il 2009. Il macellaio era in difficoltà economiche. Il veterinario, suo amico, lo sapeva e aveva deciso di aiutarlo con uno scambio di assegni e cambiali. Scambio che, per il pm si sarebbe rivelato molto più vantaggioso per il veterinario imputato che per il macellaio, tant’è che la pubblica accusa aveva chiesto la condanna del veterinario a due anni e cinquemila euro di multa. In casa, durante la perquisizione, gli erano stati trovati assegni anche di altre persone. Un particolare che, per l’accusa, faceva pensare a un’attività sistematica di prestito usurario; circostanza che, in assenza di prove, non era contestabile.
Per la difesa la questione era più complessa di quanto ricostruito dall’accusa: i prestiti al macellaio, per i legali, sarebbero stati molti di più di quello di 10mila euro. Prestiti leciti e senza tassi di interesse, men che meno usurario, secondo i difensori. Fatti al solo scopo di aiutare un conoscente in difficoltà. L’€™assegno di 20mila euro sarebbe stato staccato dalla vittima per pareggiare finalmente i conti e nient’altro.
Il 15 dicembre scorso la sentenza del tribunale di Viterbo: assoluzione perché il fatto non sussiste secondo comma. L’equivalente della vecchia formula dell’insufficienza di prove. (fonte)