Istituire l’anagrafe dei gatti, come già avviene per i cani. L’idea è venuta a Michaela Brambilla, la deputata di Fi paladina dei diritti degli animali, per colmare un vuoto presente nella legge quadro del 1991 in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, che ha affidato alle regioni l’istituzione dell’anagrafe canina presso i comuni o le aziende sanitarie locali.
Depositato nel 2013, ora il testo, costituito da tre soli articoli, ha cominciato il suo cammino in commissione Affari Sociali alla Camera. L’anagrafe c’è per i cani ma non esiste in primo luogo per i gatti e poi per l’imponente comunità degli altri animali domestici.
Un censimento pubblicato nel 2016, curato dall’Assalco-Associazione delle imprese per l’alimentazione la cura deli animali da compagnia per Zoomark, la principale fiera del settore che si organizza in Italia e si svolge a Bologna, ha calcolato che tra gatti, cani, roditori, pesci, uccelli e rettili, gli italiani hanno in casa oltre 60 mln di animali.
Attualmente i gatti (che sono circa 7,5 mln di esemplari, mentre i cani sono 6,9 mln), possono essere registrati dal veterinario in una banca dati privata denominata Anagrafe nazionale felina. Ma questa banca dati non sostituisce l’anagrafe che, come spiega Brambilla sulla sua pdl, è importante per proteggere i felini dallo smarrimento e dai furti, perché permette di rintracciarli e identificarli molto più facilmente.
Inoltre la registrazione all’anagrafe è un “deterrente contro abbandoni e l’incuria”, perché un proprietario poco premuroso andrebbe incontro a pesanti sanzioni in caso di inosservanza degli obblighi. Novità anche per i gatti di strada. La pdl attribuisce alle aziende sanitarie locali, il compito di iscrivere i gatti appartenenti alle colonie feline alle anagrafi regionali, indicando come proprietario il comune dove risiede la colonia felina.
Questa intestazione comporta degli obblighi e delle spese. Secondo la Brambilla i comuni devono farsi carico del mantenimento e della cura dei gatti delle colonie feline presenti nel proprio territorio di competenza. Per assicurare lo svolgimento di questi compiti, la deputata di Fi propone che i “comuni possano avvalersi della collaborazione delle associazioni di protezione animale o di soggetti terzi di comprovata esperienza nella cura dei gatti – come, ad esempio, le cosiddette ‘gattare’ – che dedicano molto del loro tempo al salvataggio e alla cura dei gatti in pericolo”.
La prescrizione deve però fare i conti con l’esiguità delle risorse e con il progressivo taglio dei finanziamenti destinati alle Asl. Gatti e cani, così come gli altri animali da compagnia, subiscono – è il caso di dirlo – il graffio della crisi e il morso delle ristrettezze, nelle quali tante famiglie italiane si dibattono. Dal rapporto Italia 2017, pubblicato giovedì da Eurispes, risulta ad esempio che il 33% degli italiani è proprietario di un animale domestico ma che, proprio a causa dell’austerity, questa percentuale è calata del 10% rispetto al 2016 e, in parallelo, anche le spesa per nutrire e curare gli animali è finita sotto la forbice dei tagli del bilancio famigliare.
“L’affetto non è un bene superfluo e la salute degli animali non è un lusso – ha commentato Brambilla, che è anche la presidente della Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente – la politica deve decidersi a prenderne atto”, riducendo, ad esempio, il “peso fiscale sui prodotti per l’alimentazione, sulle cure veterinarie” e introducendo un “sistema sanitario veterinario per le famiglie meno abbienti fino a incentivi per le adozioni nei canili”. (Pol/AdnKronos)