Finalmente un risultato importante, che fa onore alla ricerca italiana e dimostra scientificamente, ancora una volta, come la sperimentazione animale sia – e debba essere – superata, per motivi etici verso l’animale e verso l’uomo, che ha diritto a cure e terapie affidabili.

Secondo quanto riportato oggi dal quotidiano Avvenire, infatti, un gruppo di ricercatori dell’Università Campus Bio-Medico di Roma ha ricreato la complessità del fegato su un chip, ottenendo un modello in grado di simulare ciò che avviene nell’organo umano, senza usare fuorvianti e fallaci test su animali.

Lo studio è basato su strutture tridimensionali in cui vengono coltivate le cellule epatiche ottenendo una  sopravvivenza più elevata e un accumulo lipidico moderato e graduale, come accade all’interno del nostro fegato. Questi nuovi micro-dispositivi, quindi, si sono rivelati particolarmente adatti a simulare una condizione cronica come quella della steatosi epatica non alcolica nel fegato dell’essere umano, che potrà essere diagnosticata con un semplice prelievo del sangue.

La steatosi epatica, frequente in casi di sovrappeso e obesità, è dovuta ad un sovraccarico del metabolismo delle cellule del fegato alla prese con una quantità maggiore di grassi rispetto a quelli che riescono a smaltire; una problematica sanitaria di rilevanza mondiale dovuta ad abuso/dipendenza da cibo che deve essere risolta e diagnosticata per tempo attraverso metodi efficienti, pratici e veloci come i modelli alternativi all’uso di animali.

Michela Kuan
Responsabile Area Ricerca Senza Animali

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