Ancora una volta le immagini della trasmissione “Animali come noi” (Raidue) hanno mostrato le sofferenze di una vicenda che sembra una delle peggiori commedie all’Italiana, se non fosse per gli abusi su migliaia di povere mucche. Animali che arrivano al macello sfiniti da una produzione inaccettabili, malati, feriti, impossibilitati a camminare, trascinati e vittime di ogni abuso produttivo immaginabile.

Dalla trasmissione TV di ieri sera, però, abbiamo sentito una storia surreale: una veterinaria che denuncia illegalità all’interno della sua ASL e che viene prima minacciata e poi punita con un provvedimento disciplinare. Chi denuncia violazioni gravissime della legge (e del codice deontologico dei medici veterinari) merita di essere punita, mentre coloro i quali hanno assistito, permesso e accettato tale vergogna per gli animali – con tutti i rischi per la salute dei cittadini – non trova alcun provvedimento disciplinare da parte della ASL, se non il processo, ottenuto grazie ad una Procura della Repubblica come quella di Brescia che sta facendo emergere comportamenti sugli animali assolutamente inaccettabili e penalmente rilevanti.

Il titolare del macello ha sempre detto che i veterinari gli consentivano di trattare gli animali in quel modo… Come è possibile che un medico veterinario tolleri tali abusi o si renda attivo nel promuoverli? Come si concilia questo comportamento con il codice deontologico dei medici veterinari? Abbiamo chiesto più volte il Commissariamento della Asl di Brescia e continuiamo ad aspettarci provvedimenti disciplinari nei confronti di questi medici veterinari, che per di più sono stati condannati per maltrattamento di animali: due anni di reclusione per uno dei medici e un anno e 6 mesi per l’altro veterinario. Il Sindaco di Ghedi, cognato del titolare del macello, ancora non si occupa dei cittadini e ha permesso la riapertura del macello senza colpo ferire…

Importanti gli interventi dei Carabinieri dei Nas, nella repressione di questi reati, ma ci danno la conferma che in Italia il sistema dei controlli deve essere ripensato e che in ogni caso le azioni di repressione poste in atto dalla Polizia Giudiziaria sono un punto fermo anche nella tutela giuridica degli animali e delle salute pubblica, in barba ad una industria zootecnica ed una parte del sistema veterinario secondo il quale tutto va bene e che vede nella Polizia Giudiziaria un intervento contro la propria professione.    

Chissà se la ASL di Brescia e se il Ministro della Salute si sono mai chiesti dove è finita, su quali piatti e in quali famiglie, la carne di questo macello degli orrori.

Roberto Bennati
Vicepresidente LAV

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