Commuove vedere un cane sulla tomba del padrone perduto: è accaduto tante volte. È una scena straziante alla quale i gatti non ci hanno abituati. Raramente i piccoli felini si lasciano andare alle emozioni in modo così plateale.

Ma il micio, a macchiette bianche e nere, che ha intenerito e turbato tutta Palermo, non è riuscito a trattenersi e a soffrire in solitudine, lontano dagli sguardi invadenti. Il dolore sincero, provato per la perdita dell’ amico (gli animali non mentono mai: sono incapaci di dire bugie) a cui era affezionato, deve essere stato insopportabile. Che dispiacere, mentre cresceva la consapevolezza che non l’ avrebbe più rivisto. Non avrebbe più giocato con il suo amato padroncino. Lui non sarebbe più tornato a casa, come ogni sera, per riempirlo di coccole e attenzioni.

«Lo stanno chiudendo in una scatola, dalla quale non potrà più uscire», pensava. E, in una frazione di secondo, con un salto si è aggrappato al carro funebre per accovacciarsi sulla bara e lì è rimasto con i suoi occhietti umidi e il musetto triste. Una tenerezza infinita. «Vado con lui», si sarà detto. «Voglio seguirlo, perché non si senta solo e abbandonato». Altro che gatti senz’ anima e insensibili.

È accaduto lo scorso 26 luglio a Palermo, in via Michelangelo. «Una scena toccante che ci ha fatto commuovere», racconta Francesco Trinca, dell’ omonima agenzia funebre. Una dimostrazione ulteriore di quanto i felini siano fedeli anche se in modo diverso dai cani e di quanto siano misteriosi. E imprevedibili. Dolci ma riservati, intelligenti ma non ubbidienti, autonomi ma bisognosi di cure e di affetto. Amano la casa e vanno matti per il giardino.

Sono domestici ma anche selvatici. Indipendenti, ma sanno provare sentimenti profondi. E non perché siano interessati soltanto a chi dà loro da mangiare, come crede chi non ha mai provato la gioia di trovarsi nella stessa stanza con un gatto che gioca, si rotola, sbadiglia, miagola. Con eleganza. È talmente affascinante… Per dirla con le parole dell’ autore americano Mark Twain, «se fosse possibile incrociare l’ uomo con il gatto, la cosa migliorerebbe l’ uomo, ma di certo peggiorerebbe il gatto».

Certo il micio non vi scodinzola dietro come un cagnolino, non porta indietro la pallina, non vi segue per tutta la casa con le pantofole o il giornale tra i denti. Lui ha una sua dignità. E ci tiene molto. Lo sapeva bene Charles Bukowski, che parlava male di tutto e tutti, ma le sue «piccole tigri» le trattava con grande rispetto proprio perché, diceva, sono queste creature dalla «bellezza del diavolo», le prime a dare e pretendere rispetto, maestre nell’ arte della sopravvivenza. Fiere, combattenti senza mai tradire la loro vera natura.

Per non dimenticare un’ altra creatura meravigliosa, che ha commosso tutta Rivarolo Canavese lo scorso anno, ricordiamo Evasio, il gatto nero: vegliò il padrone che si era sentito male e accasciato a terra, fino all’ arrivo dei soccorsi.
Evasio, infatti, aveva assistito impotente alla morte del padrone, in un bosco, e gli è rimasto accanto per tutta la notte. Per l’ uomo, un anziano che viveva solo in un cascinale, non c’ è stato niente da fare: il malore è stato fulminante. E il gatto è stato affidato alle volontarie del gattile di Rivarolo.

Mi piace ricordare anche Tara, la gatta che due anni fa ha stupito gli americani. Lei è diventata un’ eroina per aver messo in fuga un cane che aveva aggredito il suo piccolo padrone di soli quattro anni. Per chiudere con le parole dello scrittore inglese, Andrew Lang: «Mi dà sempre un brivido quando osservo un gatto che sta osservando qualcosa che io non riesco a vedere».

Daniela Mastromattei

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