Pochi giorni fa, girava un file audio tramite il quale veniva diffuso l’allarme della responsabile regionale di un’ associazione animalista su una coppia che, nell’hinterland milanese, cercava disperatamente un gatto nero per la festa di Halloween. E certamente non con lo scopo di accarezzarlo.
Quando arriva questa festa, simili allarmi si sprecano. Non ho fatto un’indagine precisa ma sono certo di non andare molto lontano dalla verità se affermo che siamo il paese che conta più feste del mondo intero. Ci mancava solo la festa di Halloween, di cui non ce ne dovrebbe importare un fico secco, visto che è di origini celtiche (festa di Samhain) ed è stata importata negli Stati Uniti dagli irlandesi. Qualche storico la collega alla festa d’Ognissanti che si svolge, da noi, il 1° novembre, qualcun altro, al solito non concorda. Fatto sta che inizialmente la festività non aveva nulla che si collegasse alla morte ed è solo in un periodo successivo, soprattutto nella più recente evoluzione anglosassone, che compaiono le sue maschere macabre e i suoi significati oscuri e sovrannaturali. E anche un fatto però che, nel tempo, Halloween è stata, in qualche modo, connessa alle festività dei santi, almeno nel significato del termine che, dopo il 1500, diventa appunto All Hallows’ Day.
Inizialmente, in Irlanda e Scozia non erano le zucche a essere intagliate, ma le rape. Furono gli immigrati nel Nord America a utilizzare le zucche di cui vi era ampia disponibilità e antica tradizione di intagliatori. E così, la zucca con la candela accesa, verso la seconda metà del novecento, divenne il simbolo apotropaico che anche nelle nostre campagne qualche burlone usava per spaventare la gente che di notte rincasava.
Piano piano dunque, il simbolismo di Halloween, che trae spunto da libri e film dell’horror (Frankenstein, Dracula, Shining) scivola verso i morti, il male, l’occulto, mentre i colori di quella notte sono il nero ovviamente, ma anche il viola (il colore che «porta male» in teatro) e l’arancione della zucca.
La tradizione del «Trick or Treat» (Dolcetto o scherzetto) sarebbe medievale e dovrebbe risalire a quando si andava a elemosinare di porta in porta fra il giorno dei santi e quello dei defunti. Dalla Svezia nasce poi l’usanza ormai universale di travestire i bambini, la sera del 31 ottobre, in modo che vadano di porta in porta a chiedere dolciumi e spiccioli minacciando di fare uno scherzetto se non verranno dati. Naturalmente il giochetto fa presto a degenerare. Infatti oggi, gli scherzetti possono essere molto pesanti, se non si riceve un adeguato dolcetto: dar fuoco alla porta della casa, a esempio o catturare il gatto nero della famiglia perché è sicuramente imparentato con i demoni del male (che sono neri).
E veniamo dunque a lui, uno dei protagonisti (in negativo) di questa festa. Negli ultimi anni alcune associazioni e vari siti web non controllati e poco affidabili, hanno lanciato pesanti allarmi sulla sparizione dei gatti neri per Halloween e sui loro pretesi sacrifici. Si sono addirittura attivate ronde notturne a sua difesa.
In realtà non si è mai registrato un aumento dell’ingresso di gatti torturati o feriti in corrispondenza delle festività di Halloween. Enfatizzare che i gatti vengono torturati ad Halloween fa nascere superstizioni inutili che, nella realtà dei fatti, non fanno altro che creare un rischio di emulazione.
Sia chiaro, la madre degli imbecilli è sempre incinta, quindi un po’ di prudenza non guasta.