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DIFESA
Il cane detesta il gatto. Gli invidia l’indipendenza. Il suo distacco. E anche molte persone provano la medesima antipatia verso il felino. Perché nei suoi occhi non c’è mai quello stordimento amorevole che tanto ci emoziona nei cani. Non riescono a perdonargli il fatto che non li venerino. Anzi, non sopportano il retaggio contrario. In Egitto erano gli uomini ad adorare loro. Bastet, la Divinità dell’amore, era una gatta, o meglio una donna con la testa di una gatta.
Come, poi, questi antichi Dei a quattro zampe siano finiti squartati per le strade, non sta a me dirlo. Anche se, a pensarci bene, nell’Antico Egitto, non tutti i mici se la passavano bene. Spesso, venivano disidratati e mummificati.
Nei Gaiman, il brillante scrittore inglese, in una splendida puntata del suo “Sandman” prova a dare una suggestiva interpretazione di questo ribaltamento dei ruoli tra umani e gatti. Per i più curiosi, trattasi di “Il sogno di mille gatti” (numero 18 della pluripremiata serie a fumetti).
Anche nel tredicesimo secolo i gatti hanno avuto diversi problemi. La Chiesa, in uno dei suoi innumerevoli exploit, si era convinta che fossero strumenti del demonio. E allora, tutti a torturare i gatti. Poi, dal 1700 in poi, hanno cominciato a passarsela meglio. Sino all’avvento dei ristoranti cinesi. Ma questa, è una battuta, sia chiaro.
Eppure, avremmo tanto da imparare da questo sinuoso animale che si aggira tra salotti e tetti. Questo animale dalle miracolose sette vite, o nove code, secondo Dario Argento, ci indica una strada. Quella del rigore e anche dell’eleganza.
Il suo disciplinato senso della libertà non va confuso con l’indifferenza e la freddezza. Piuttosto, come la più corretta interpretazione dello stare al mondo.
Invece di abbaiare, saltare, vezzeggiare, intrufolarsi, dovremmo osservare, come fanno loro. In silenzio. Alla ricerca di una reciprocità autentica.
Non è un caso che si dica “guardarsi in cagnesco” e non in “gattesco”.
ACCUSA
Dal punto di vista storico, è un bel momento per i gatti questo. Anche il papa ha avuto un gatto, un persiano che tutti chiamavano “monsignor Fritz”. Questo gatto, però, dopo che Benedetto XVI è salito al soglio pontificio, non lo ha seguito in Vaticano.
Anch’io da bambino avevo un gatto. E non me ne sono liberato perché sono diventato papa. Io penso, più che altro, che la convivenza tra l’uomo e il gatto sia impossibile. Si dice che il gatto e il cane si detestino. Io invece penso che il gatto disprezzi, oltre al cane, anche l’uomo. Lo disprezza – ritengo – innanzitutto per ragioni che affondano nella preistoria. Uno dei primi animali a quattro zampe comparsi sulla Terra è stata una specie primordiale di felino molto simile al gatto. Chissà, forse il gatto non ha mai accettato la presenza di questo intruso che è l’uomo, comparso sul globo terrestre molto dopo di lui. Sappiamo come vanno queste cose; il gatto avrà pensato: “Guarda un po’, arriva questo qui e si mette a fare il padrone”. Il gatto da come guarda l’uomo si vede che lo odia. Il cane, che forse è più intelligente di noi – o, almeno, un po’ più sensibile – lo ha capito benissimo. E se litiga col gatto è per difendere il padrone-uomo dalla minaccia della presenza felina. Meno male che c’è il cane che prende le nostre difese.
È un’avversione che mi sembra abbia lontane radici storiche. Ma è un’avversione che deriva anche dal carattere del gatto. È un animale che non si sa come prendere – fateci caso. Detesta il cane, detesta l’uomo, detesta il canarino, detesta ovviamente il topo. Insomma, ce l’ha un po’ con tutti.
Francamente, lo trovo un po’ paranoico. Non dico di odiarlo. No! Ma a me non piace averlo tra i piedi. Da tanti anni, ormai, me ne sono separato legalmente.
Senza rancore, ma ognuno a casa sua.
E adesso, il verdetto alla Giuria popolare.
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