No, l’intelligenza artificiale non può ancora tradurre in parole i pensieri dei cani. Però può già dirci molto sul loro punto di vista. Per capirlo meglio e per imparare. Lo afferma uno studio dell’Università di Washington e dell’Allen Institute for Artificial Intelligence.
I ricercatori hanno equipaggiato un malamute di nome Kelp con alcuni sensori (sul dorso, sulle zampe e sulla coda) e con una videocamera GoPro. E gli hanno fatto fare la solita vita da cani, tra pappa, giochi e passeggiate. Ne sono venuti fuori 380 brevi video e una discreta mole di dati.
Con i quali è stata nutrita l’intelligenza artificiale. Nonostante una quantità di informazioni non eclatante (un solo cane, qualche centinaio di video e rilievi di sei sensori), l’AI è riuscita a ricostruire con accuratezza come Kelp legge la realtà. Capendo ad esempio come individua un gioco, il proprio padrone o una superficie percorribile.
Da qui a dire che il software sia in grado di predire il comportamento ce ne passa. L’intelligenza artificiale è in grado di capire se il cane ha adocchiato un corridoio o una rampa di scale percorribili. Ma non può sapere se farà una corsa per i gradini o se rimarrà al suo posto.
In altre parole, come ha spiegato a The Verge Kiana Ehsani, uno dei ricercatori, “nessuno sa se il cane vedrà un giocattolo o un oggetto e deciderà di inseguire”. I padroni, quindi, per ora si rassegnino. Le reazioni bizzarre dei cuccioli restano ancora un mistero. E allora a cosa serve un’intelligenza artificiale che pensa come un cane? La ricerca americana, prima di tutto, è solo un punto di partenza. Quindi, anche se non è prospettiva immediata, in futuro si potrebbe leggere con più accuratezza il pensiero degli animali. Nel frattempo, però c’è un’altra applicazione. Forse meno affascinante ma non meno utile: raccogliere dati per istruire i robot.
Chiunque abbia fatto una passeggiata con un cane su un terreno scosceso sa quello che dice Ehsani: “I cani sono davvero bravi a trovare dove camminare, dove possono andare e dove no. Sanno se una superficie è appuntita, scomoda o troppo ripida. Trasferire queste capacità a un computer è difficile – continua il ricercatore – perché comportano molte conoscenze pregresse. Programmare un robot seguendo queste regole sarebbe difficile. Un cane, invece, le conosce già”. Ecco allora che “la rete neurale potrebbe apprenderle osservando il comportamento di Kelp”. Il professor cane insegna ai robot.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a [email protected]