«Gli animali sono creature di Dio» si legge nel Catechismo della Chiesa cattolica. Perciò, «anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro: ci si ricorderà con quale delicatezza i santi, come san Francesco d’Assisi o san Filippo Neri, trattassero gli animali». E non ci sarebbe quindi da stupirsi che cani e gatti (ma non solo) possano entrare in chiesa con i loro padroni, assistere alla Messa e ricevere anche la benedizione. Succede da anni, in molte chiese d’Italia. Nel libro delle benedizioni ne è prevista una speciale per loro che «per disposizione della stessa provvidenza del Creatore, partecipano in qualche modo alla vita degli uomini, perché prestano loro aiuto nel lavoro o somministrano il cibo o servono di sollievo». Così il 17 gennaio, festa di sant’Antonio Abate, molte parrocchie celebrano i migliori amici dell’uomo con feste e processioni. In città sono soprattutto gatti, cani, canarini e altri animali domestici a essere protagonisti quel giorno. In campagna i cortei si arricchiscono di cavalli, capre, mucche, pecore. Questo una volta l’anno, quando, dentro la chiesa o davanti, (quasi) tutto è permesso.
I problemi arrivano quando i fedeli vogliono portare l’amico a quattro zampe a messa tutte le domeniche. Lì si misura la tolleranza e il buon senso dei parroci (ma anche dei proprietari di cani e gatti). A Genzano, vicino Roma, dopo mesi di scontri, la situazione è esplosa con il parroco di Santa Maria della Cima che ha denunciato un gruppo di ambientalisti che domenica scorsa ha fatto irruzione in chiesa protestando contro la decisione di non far entrare una signora con i suoi cani. Loro urlavano: «Anche i cani hanno un cuore!». Lui racconta invece che da mesi la signora porta i suoi cani anche fin sotto l’altare durante la celebrazione.
A Napoli invece una futura sposa ha chiesto di essere accompagnata dal suo cane perché «è la vita mia». Permesso negato da don Franco Rapullino, parroco di San Giuseppe a Chiaia. Ma poi ha dovuto spiegare che la sua decisione non era dovuta a disprezzo verso il cagnolino, «ma dettata dall’eccentricità della richiesta: è un episodio emblematico dei tempi che viviamo in cui il distacco dall’essere umano è tale da preferire la vicinanza di un animale anche in un’occasione solenne come il matrimonio, non si possono confondere gli animali con le persone, questo mi fa paura».
In fondo è una questione di buon senso, sorride don Luigi Veturi, parroco di San Giovanni dei Fiorentini nel cuore di Roma, dove chiunque può portare cani o gatti quando vuole: «Non c’è una regola scritta — spiega —, ogni parroco decide in autonomia e poi ora c’è una sensibilità diversa, è permesso un po’ dappertutto, ma certo ci vuole buon senso e rispetto per il luogo dove ci si trova». Lui ogni domenica ha una ventina di parrocchiani che vengono a messa con il proprio cane, «mai avuto problemi e almeno due volte ho celebrato matrimoni con cani presenti». E pure la sera di Natale San Giovanni si riempie di animali, «ecco lì qualche disagio ogni tanto c’è, perché magari arrivano cani non abituati e si crea un po’ di confusione». Però la sua è una chiesa speciale, fu la prima d’Italia a ospitare animali durante le celebrazioni. Don Luigi è infatti il successore di don Mario Canciani, «prete animalista» che negli Anni 80 aveva aperto la sua parrocchia tutti i giorni dell’anno a ogni tipo di animale domestico che benediceva poi con una messa speciale il 4 ottobre di ogni anno, giorno di san Francesco d’Assisi, «all’epoca arrivavano da tutta la città», ricorda don Luigi.
Oggi altre chiese lo permettono e non ci si stupisce più nel vedere cani, soprattutto, ai piedi dei fedeli in preghiera. D’altronde si racconta che anche Paolo VI avesse consolato un bambino in lacrime per la morte del suo cane dicendogli: «Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo».
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