Agrigento, 3 marzo 2018 – Dodici persone sentite perché “informate dei fatti” e due sospettati che, secondo indiscrezioni, sarebbero al centro delle indagini. L’inchiesta sull’avvelenamento dei randagi a Sciacca, una trentina i corpi recuperati ma moltissimi altri cani mancano all’appello, va avanti anche in queste ore in cui i riflettori sembrano essersi spenti sul centro dell’Agrigentino. La strage dei cani è stata al centro di una riunione alla Regione Sicilia mentre, in tutto il territorio dell’isola, si sono moltiplicati gli episodi di violenza a danno degli animali vaganti. Per questo motivo il governatore siciliano Nello Musumeci ha convocato le organizzazioni animaliste per fare il punto della situazione e varare un piano specifico.
Restano i problemi condivisi con il resto del territorio italiano e denunciati da tempo da associazioni animaliste e Protezione animali: pene troppo lievi per quanti si macchiano di reati contro gli animali.
Per tornare a Sciacca va ricordato che il veleno che ha ucciso i randagi, mimetizzato nelle salsicce, era un potente insetticida impiegato in agricoltura. Per acquistarlo occorre essere muniti di un apposito patentino. Non solo. Nella contrada dove si è verificata la strage erano attive due telecamere di pertinenza di altrettante aziende che hanno sede in quella zona. Le riprese potrebbero aver fornito qualche elemento importante agli investigatori. Ma, al momento, resta grande il riserbo sugli sviluppi dell’inchiesta coordinata dalla Procura di Agrigento.
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