Lunedì, 07 Dicembre 2015 12:33
Ammontava a quasi un milione di euro (912.536,40 euro) la multa inflitta dall’Antitrust al Consiglio Nazionale Forense, per aver preso “due decisioni volte a limitare l’autonomia dei professionisti rispetto alla determinazione del proprio comportamento economico sul mercato”. In particolare, il CNF considerava come illecito disciplinare due comportamenti posti in essere da alcuni iscritti: l’offerta di prestazioni ribassate e la promozione su piattaforma digitale della convenienza economica della prestazione professionale (Amica Card). Due iniziative che l’AGCM giudicava restrittive della concorrenza.
Non solo il Consiglio degli Avvocati non revocava la propria posizione su Amica Card, ma si rivolgeva anche al TAR Lazio contro una sanzione giudicata enormemente sproporzionata. E il Tribunale Amministrativo l’ha infatti dimezzata. Ma se da un lato il TAR ha imposto all’AGCM a moderare la sanzione, Palazzo Spada ha però confermato la bontà dell’intervento dell’Antitrust sulla portata restrittiva della concorrenza in tema di utilizzo delle piattaforme digitali da parte dei professionisti per pubblicizzare le loro prestazioni. Sono strumenti che offrono legittime forme di attrazione della clientela.
Al contrario- in tema di tariffe professionali- il Tribunale non ha ritenuto condivisibile l’assunto dell’Antritust: la circolare del CNF che metteva in guardia dal ribassare le tariffe (“sarà possibile sindacare il comportamento deontologico se il compenso sia sproporzionato all’impegno”) il Giudice non ha ravvisato la volontà anticoncorrenziale di reintrodurre l’obbligatorietà dei minimi tariffari. La proporzionalità del compenso è un principio che non lede le leggi del mercato.