di: Dott. Spina specialista in fisiopatologia della riproduzione – del 2016-02-11
Ritorna dopo una pausa la nostra rubrica “La rubrica del giovane veterinario” inerente gli animali curata dal Dott. Spina .
Un articolo che ripercorre la storia dei gatti sempre più presenti nella vita dell’uomo. Dopo il cane è proprio il gatto l’animale che più frequentemente ospitiamo nelle nostre abitazioni o nei nostri cortili o giardini. In particolare, in questo numero, ci occuperemo di come questo “pet” sia stato “considerato” da noi umani soprattutto in passato. E’ sorprendente come lo stesso animale abbia potuto avere cosi diversa considerazione e trattamento a seconda delle epoche o delle aree geografiche di riferimento.
Le prime testimonianze di gatti a seguito degli uomini giungono a noi dai territori di Egitto e Mesopotamia circa 4.000 anni fa. Gli egizi veneravano i gatti; la dea Bastet dispensatrice di fecondità e amore veniva rappresentata con corpo di donna e testa di gatto.
Uccidere un gatto comportava anche la pena di morte e in caso di morte del gatto di casa si adottava lo stesso comportamento della perdita di un familiare, perdipiù questi animali venivano mummificati o sepolti nelle tombe di famiglia. Il motivo di tale considerazione risiedeva nel grande giovamento che egli apportava all’intero popolo egizio che basava la propria esistenza sull’economia agricola e del grano in particolare.
L’abilità con cui cacciava i topi e indirettamente proteggeva il raccolto determinò la fortuna di questo felide; a questo bisogna aggiungere la sua capacità di cacciare i serpenti anche velenosi e la sua naturale vista di notte.
Nonostante il divieto di commercializzazione del gatto imposto per ovvie ragioni dagli egiziani, i fenici riuscirono fraudolentemente a farlo diffondere verso oriente e i romani in tutta Europa fino alle isole britanniche.
Testimonianze del connubio del gatto con i romani si hanno da mosaici, pitture e monete di quell’epoca.
Presso di loro riuscì in breve tempo a sostituire quasi del tutto un altro predatore impiegato contro i topi: il furetto; battuto dal gatto per le sue caratteristiche di autosostentamento, e caccia in superficie senza necessità di scavare tane. Inoltre era per gli stessi romani come per gli etruschi un animale da compagnia.
I greci invece nonostante il ritrovamento di monete del V secolo raffiguranti questi animali perlopiù lo ignorarono continuando ad usare come antidoto ai roditori le donnole.
Per le caratteristiche di cui si è gia fatto cenno anche nel “nuovo mondo” il popolo Inca considerava sacro questo mammifero e i nativi americani in genere attribuivano al gatto selvatico destrezza, furbizia e ingegnosità. Andando verso Oriente, in India Shasti, divinità felina era simbolo di fertilità e maternità mentre in Cina il gatto veniva rappresentato nelle danze agrarie per il suo effetto benefico.
Ben diversa è invece l’interpretazione delle caratteristiche proprie del gatto nei paesi del nord Europa. I gallesi ad esempio consideravano il grande gatto “Cath Palug” partorito da una scrofa stregata come la rovina dell’isola di Anglesey.
I francesi celti concludevano le loro cerimonie di purificazione con il sacrificio di un gatto ritenuto simbolo di falsità, ipocrisia e cattiveria. In Scozia si usava torturare e arrostire un gatto allo spiedo per ottenere informazioni dagli altri gatti o dal loro re.
In Irlanda si era soliti affermare: “Dio salvi tutti meno i gatti” e sfortunato era colui che incontrava sul suo cammino un gatto il primo giorno dell’anno. Anche nel resto d’Europa in realtà durante il medioevo i gatti non ebbero affatto vita facile. Dai Cristiani essi erano associati alla stregoneria e si riteneva fossero manifestazioni di Satana.
Nel 1233 Papa Gregorio IX con apposita bolla papale dichiarò i gatti neri stirpe di Satana.
Possiamo tutti immaginare le truci conseguenze che da ciò derivarono. In questo periodo la caccia seriale e continua ai gatti determinò, data l’assenza di altri rodenticidi, una spropositata crescita numerica di topi e ratti veicoli del microorganismo “Yersinia Pestis” causa della terribile peste bubbonica o peste nera responsabile di un’epidemia che causò la morte di almeno un terzo della popolazione del vecchio continente europeo.
Nella tradizione islamica invece si narra che Maometto, un giorno dovendo uscire, tagliò la manica della sua veste per non svegliare la sua gatta Muessa che vi dormiva dentro.
Al suo ritorno Muessa si inchinò per ringraziare il profeta ed egli accarezzandola tre volte sul dorso conferì a lei e ai suoi discendenti: le nove vite, la capacità di cadere ben posizionata sugli arti e un posto in paradiso.
Il Rinascimento al contrario del Medio Evo fu per questi felini un vero e proprio periodo d’oro; allevati anche nelle più nobili dimore conobbero una rapida diffusione. Anche nel nord Europa la loro esistenza venne rivalutata, seppur con notevole ritardo dato che l’ultima esecuzione pubblica di un gatto per stregoneria avvenne in Inghilterra nel 1712.
Già però nel 1697 Charles Perrault con il suo: “il gatto con gli stivali” capovolgeva lo stereotipo letterario di questo animale adesso considerato amico dell’uomo.
Rousseau noto illuminista francese amava sostenere che il gatto è l’animale preferito da artisti, ribelli e introversi. Baudelaire da’ inizio ad una sua celebre poesia con il verso: “Vieni mio bel gatto”; egli attraverso lo sguardo di questo animale riesce a contemplare la pericolosità della donna amata.
Pablo Neruda scrive per il gatto una meravigliosa ode che consiglio a tutti di leggere. Tra gli estimatori del gatto troviamo tante personalità della storia; addirittura il Presidente degli USA Roosvelt concedeva al suo amico a quattro zampe Slippers di partecipare ai pranzi ufficiali della Casa Bianca.
Altre personalità come i coraggiosissimi condottieri Giulio Cesare prima e Napoleone poi erano invece ailurofobici, capaci di fronteggiare senza esitazione temibili eserciti potevano cadere svenuti dalla paura se avvicinati da un socievolissimo micio.
Nella fiaba di Collodi il gatto in combutta con la volpe truffa ripetutamente il burattino Pinocchio e pensandoci bene chissà quante volte avrete incontrato sul vostro cammino qualcuno facilmente assimilabile, per le proprie intenzioni, al gatto e alla volpe di Pinocchio.
Per finire, concludiamo questa carrellata di elementi storici, sociali e mitologici sul gatto con una frase che lo “stregatto” rivolge ad Alice nel paese delle meraviglie, romanzo fantastico di Lewis Carroll, sulla quale dovremmo tutti riflettere a fondo: “Qui devi correre più che puoi per restare nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche parte devi correre almeno il doppio”.