Mercoledì, 16 Marzo 2016 08:05

ZimbabweCon le vittime c’era anche un veterinario padovano, scampato agli spari del ranger. Dal 2000 si era trasferito in Zimbabwe: la sua testimonianza.

C’era anche un connazionale veterinario insieme a Claudio e Massimiliano Chiarelli uccisi – secondo le prime ipotesi – da alcuni colpi di fucile esplosi accidentalmente da un ranger che li avrebbe scambiati per cacciatori di frodo. I due erano invece impegnati in una attività di supporto anti bracconaggio al personale della riserva ‘Mana Pools’, nel nord dello Zimbabwe.

Secondo il veterinario padovano Francesco Marconati, che era con loro e che è sfuggito ai proiettili dopo essersi buttato sotto il fuoristrada, l’amico più anziano quel giorno aveva infatti indossato una camicia azzurra invece di quella verde che di fatto, in quelle zone abbandonate, identifica i “rangers”. «È stato un incidente. Non c’è stata alcuna esecuzione» conferma Marconati «Stavamo aspettando una pattuglia che dava la caccia a un gruppo di bracconieri .Quei ranger erano stanchi perché seguivano le tracce da un giorno e mezzo e noi gli avremmo dato il cambio con altre guardie».

L’appuntamento, riferisce Marconati, «era in un’area e senza saperlo abbiamo fermato la macchina 15 metri prima rispetto a dove i bracconieri avevano attraversato la strada. Quando la pattuglia che stava aspettando è arrivata vicino a noi, ci ha sentito bisbigliare». L’uomo spiega così la sparatoria nella riserva Mana Pools: «avvicinandosi hanno visto tra il fogliame una macchia azzurra che era la camicia che Claudio si era messo sopra la maglia verde d’ordinanza. Non potevano vedere la macchina, perché la vegetazione la copriva, e hanno pensato di aver agganciato i bracconieri».

Le Guardie «hanno aperto il fuoco automatico – aggiunge – con tre kalashnikov, sparando per 3 o 4 secondi. In tutto 24 colpi, da 45 metri di distanza». Marconati giustifica in qualche modo i ranger: «i bracconieri fanno paura e le guardie sapevano di avere a che fare con uomini armati. Li conosco da anni. Non posso dire che li scuso: hanno sparato troppo in fretta, senza pensare. In fondo sapevano che noi eravamo da qualche parte, lì intorno. Ma la paura e la sovraeccitazione hanno avuto la meglio sulla ragione».

Secondo il Cesvi, l’organizzazione umanitaria per la cooperazione, a sparare al 65enne e al figlio 28enne sarebbe stata una delle guardie delle riserve nazionali del Paese, con cui proprio genitore e figlio stavano collaborando, durante un’operazione antibracconaggio.

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