Categoria: Rettili

  • La grande famiglia fossile di un antenato dei mammiferi – Giornale di Sicilia

    La grande famiglia fossile di un antenato dei mammiferi – Giornale di Sicilia

    I fossili di una madre e della sua cucciolata sono la testimonianza più antica dei primi antenati di mammiferi comparsi sulla Terra. Trovati in Arizona, risalgono a 184 milioni di anni fa e possono aiutare a capire come si sono evolute la riproduzione e crescita dei moderni mammiferi. Lo spiega sulla rivista Nature il gruppo dell’università del Texas di Austin, guidato da Eva Hoffman.

    I mammiferi sono essenzialmente definiti dalle loro strategie riproduttive, in cui quasi tutti danno alla luce luce esseri viventi che poi nutrono con il proprio latte. Una volta sviluppati, crescono sia grazie al forte investimento dei genitori su una prole relativamente poco numerosa, e sia grazie ai cambiamenti subiti dal cranio per ospitare un cervello più grande nei primi stadi di sviluppo. Tuttavia finora non era stato possibile determinare il momento esatto di questa transizione, avendo a disposizione pochi fossili preservati di giovani mammiferi e dei loro antenati.

    I ricercatori americani hanno riportato alla luce una ‘cucciolata’ di giovani Kayentatherium (il cui nome significa “bestia di Kayenta”), un genere estinto di cynodonte tritylodontide vissuto nel Giurassico, sepolti insieme ad un adulto, probabilmente la loro madre. Il K. wellesi non è un vero mammifero, ma appartiene ad un gruppo che ha caratteristiche simili. Ben 38 i piccoli trovati – il doppio di quelli che ci si aspetterebbe per qualsiasi mammifero, ma un numero in linea con quelli dei rettili – il cui cranio era simile per forma, se non per dimensione, a quello dell’adulto. Ciò suggerisce, secondo lo studio, che questi animali siano cresciuti come i rettili moderni, senza subire l’allungamento del cranio osservato nei moderni mammiferi quando maturano. Unito alla vasta dimensione della cucciolata con cranio uniforme, questo dato supporta l’idea che sia stata l’evoluzione di cervelli più grandi a guidare i cambiamenti successivi nella riproduzione e nello sviluppo dei mammiferi.

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  • Gli Angeli di Brancaleone: «Così salviamo Dolores e le altre … – Corriere della Sera

    Gli Angeli di Brancaleone: «Così salviamo Dolores e le altre … – Corriere della Sera

    Dolores verrà presto liberata, dopo una degenza di oltre sei mesi a causa di un amo ritrovato nell’esofago e della presenza di lenza da pesca e altro materiale plastico all’interno dell’intestino. Era alla deriva non lontano da Vibo Valentia e un diportista ha allertato la Guardia Costiera lo scorso 15 gennaio, data in cui è deceduta la cantante dei Cramberries: da cui il nome scelto. Poi è stata consegnata nella mani di Filippo Armonio, presidente del Centro di Recupero Tartarughe Marine di Brancaleone (RC) che gestisce con Tania Il Grande, vice-presidente. La «Costa dei Gelsomini» è un tratto di litorale di circa 36 km con terreno quasi desertico aperto completamente al Mar Ionio Meridionale, ed è proprio qui che si concentra circa l’80% di tutti i nidi deposti in Italia dalla tartarughe Caretta caretta. È un rettile marino di origini «preistoriche», diventata specie protetta a livello internazionale perché più al limite dell’estinzione.

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    Salvate in mare

    La specie è fortemente minacciata dall’inquinamento marino, primo tra tutti l’inquinamento da plastiche, dalla riduzione degli habitat adatti alla nidificazione, dalle collisioni con le imbarcazioni e dall’attività di pesca sia con reti a strascico che con il palamito. Le stime contano più di 40 mila tartarughe marine decedute ogni anno nel bacino del Mediterraneo per attività riconducibili all’uomo. Questi rettili acquatici, sopravvissuti praticamente inalterati dal punto di vista evolutivo dal periodo preistorico, fanno fatica ad adeguarsi ai mutamenti indotti dalla specie umana: nutrendosi di meduse, ad esempio, spesso scambiano i sacchetti di plastica abbandonati in mare come cibo. Presso il Centro recupero tartarughe marine (Crtm) di Brancaleone, un vero e proprio ospedale veterinario per tartarughe marine, sono circa cinquanta gli esemplari curati ogni anno. Nella struttura sono presenti un ambulatorio, una piccola sala operatoria, una sala per i raggi X, vasche di quarantene e di riabilitazione dotate di depuratori, termo-riscaldatori e filtri UV; gli animali vengono recuperati su quasi tutto il territorio regionale. La riabilitazione degli esemplari ricoverati costituisce gran parte del lavoro: per sostenere i costi del centro la struttura si finanzia grazie a donazioni private e al contributo dei sostenitori che decidono di trascorrere una vacanza in modo innovativo ed utile.

    I volontari, che provengono da tutta Italia, si fermano una o due settimane: al tempo di svago personale alternano attività di volontariato in supporto al lavoro dell’ospedale: dalla pulizia quotidiana delle vasche, alla raccolti di rifiuti delle spiagge fino al sostegno durante le operazioni di recupero o rilascio in mare. Non disponendo di alcun tipo di finanziamento l’associazione ambientale non profit «Naturalmente Brancaleone» si autogestisce organizzando attività di raccolta fondi per il mantenimento della struttura stessa e degli animali da curare con iniziative benefiche: lotterie, negozio con gadget solidali, visite guidate, progetti educativi ed eco-campus di formazione e volontariato. Impresa da titani tenere in piedi questa piccola ma importante realtà in un’area tristemente nota per la forte presenza ‘ndranghetista, sebbene l’attività dell’ospedale non ne sia direttamente languita. La sede dell’associazione è simbolica: l’antica biglietteria della Stazione Ferroviaria di Brancaleone, data in comodato d’uso gratuito dal Comune, che a sua volte ricevette la struttura a cavallo del nuovo millennio quando furono chiuse la maggior parte delle stazioni di questa linea ferroviaria costale per scarso utilizzo.

    29 agosto 2018 (modifica il 29 agosto 2018 | 18:58)

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  • E il coccodrillo come…dorme? – Moondo (Blog)

    E il coccodrillo come…dorme? – Moondo (Blog)

    Una famosa canzone si interroga sul verso del coccodrillo, ma questo animale suscita la curiosità di molti anche per altre sue abitudini. Ad esempio, chi sa come dorme il coccodrillo?

    E il coccodrillo come dorme?

    Curiosità sui coccodrilli (foto by pixabay)

    Molti sono gli animali che assumono posizioni o abitudini particolari durante il sonno. Come tanti altre specie, cani, caimani, delfini o uccelli, anche il coccodrillo dorme assumendo un’abitudine che aiuta a restare vigili. Infatti, il coccodrillo dorme con un occhio aperto. Alcune ricerche effettuate con alcuni esemplari in libertà, difatti, hanno portato alla luce il modo bizzarro in cui questi rettili schiacciano il loro pisolino. Dalle ricerche, quindi, è emerso che questo rettile, come altri, si lasciano cullare da Morfeo lasciando però metà cervello ben attivo agli stimoli esterni.

    Perché il coccodrillo dorme con un occhio aperto?

    coccodrilloE il coccodrillo come dorme (foto by pixabay)

    Gli esperti spiegano il motivo per cui il coccodrillo dorme con un occhio aperto. Difatti, i coccodrilli hanno un sonno uni-emisferico. Ciò significa che, in pratica, questi rettili fanno riposare un emisfero cerebrale alla volta. Mentre una parte del loro cervello riposa, lascia sveglia l’altra metà. In questo modo, l’animale è sempre attivo reagendo ad ogni stimolo esterno e possibile pericolo.

    Questa loro abitudine, quindi, nasce dal bisogno di essere in allerta ad ogni potenziale pericolo. Ad esempio, se nelle vicinanze del loro luogo di riposo si aggira una qualsiasi forma di essere vivente, il rettile lo segue con l’occhio vigile. Così facendo, la parte del cervello attiva, permette al coccodrillo di reagire ed agire nell’immediato.

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  • I mostri marini nella cultura pop – Stay Nerd

    I mostri marini nella cultura pop – Stay Nerd

    Quando arriva l’estate le case si svuotano, le TV si spengono, e si va tutti a fare un tuffo nel meraviglioso (e fresco) mare.

    E voi siete lì, sotto l’ombrellone, magari sorseggiando un cocktail alla frutta annacquato, o a leggere un manga di quelli suggeriti da Stay Nerd e decidete improvvisamente che è giunto il momento del bagno.
    Ma siete sicuri di volervi buttare in acqua? Avete controllato prima cosa c’è sul fondo? E quella cosa che vi ha appena sfiorato la gamba è davvero solo un’alga?

    Sotto l’azzurra superficie del mare vi sono creature ben peggiori di squali e meduse, creature che come uno tsunami sono entrate nella cultura pop tanto da ritrovarne citazioni praticamente ovunque e in qualsiasi opera.

    Se state quindi cercando una buona scusa per restare nelle vostre tane a fare binge watching o giocare ai videogame, eccovi una bella lista di buoni motivi per non uscire di casa.

    Liberate il Kraken!

    Quando si parla di mostri marini, non si può non partire parlando del più classico dei classici: il kraken. Come tutti sanno, il kraken è un polpo gigante che, sentendosi tristemente solo, adora abbracciare grosse navi. Purtroppo le distrugge quasi sempre, e questo non fa altro che farlo sentire ancora più solo.

    La figura del kraken deriva da alcune creature presenti nella mitologia norrena, ma deve la sua diffusione (e il nome) ad alcuni scrittori che operavano intorno al 1700.

    All’interno della cultura pop il kraken è utilizzato ovunque ci sia un contesto marino, basti pensare al Trono di Spade, dove il kraken d’oro in campo nero sfoggia sui vessilli della casata Greyjoy, oppure all’interno di tantissimi Jrpg, dove appare spesso come boss.

    Anche se non ha mai vinto un Oscar, questo mostro marino è apparso anche in molti film, in genere B-movie, ma i più lo ricordano per la sua splendida interpretazione di sé stesso in Pirati dei Caraibi, dove, sotto il controllo di Davy Jones, dava la caccia al pirata Jack Sparrow. Probabilmente però, la sua apparizione più recente è stata all’interno del videogioco Sea of Thieves, dove fa da boss principale.

    Curiosità: tutti la gridano, ma in pochi conoscono la provenienza della frase “liberate il kraken”. La frase deriva dal film Scontro tra Titani, quando Ade, particolarmente incazzato, decide di invocare il mostro per portare distruzione.

    Dinosauri marini

    In questa sezione scendiamo negli abissi preistorici per osservare tre creature, meno famose dei loro cugini sulla terraferma, ma che pian piano si stanno facendo strada nell’immaginario popolare.

    La prima creatura marina è sicuramente il plesiosauro. Spesso questo rettile viene associato con il fotogenico mostro di Loch Ness, o Nessie, per gli amici. Il mostro del lago scozzese viene citato così tanto e da così tante parti, che potrebbe fare a botte con il kraken per la supremazia. Vi basti pensare che c’è un intero episodio di How I Meet Your Mother incentrato sull’ossessione di Marshall per il mostro.

    Più recente in termine di popolarità troviamo il mosasauro, che si è guadagnato un posto in questa lista grazie alle sue apparizioni in Jurassic World e il suo seguito, dove non solo gli vengono date ben cinque scene (tra entrambi i film), ma svolge anche un ruolo nella battaglia finale del primo, divorando l’Indominus rex. Chissà se nel terzo capitolo gli verrà data una parte ancora più importante.

    Infine, chiudiamo con il mostro più giovane dei tre, il megalodonte. Parente stretto del grande squalo bianco, il megalodonte ha recitato in tantissimi B-movie, e ha fatto da stuntman in svariati videogiochi, ma soprattutto lo ricordiamo per il grande lavoro che fa, insieme ai suoi simili, nella protezione dell’isola di Themyscira (Wonder Woman). Recentemente il megalodonte è apparso anche nel film Shark – il primo squalo (The Meg), uscito da poco nelle sale.

    Curiosità: Nessuno di questi appena citati è un dinosauro, ma il plesiosauro e il mosasauro sono comunque rettili, mentre il megalodonte è solo una creatura preistorica. Vi assicuriamo tuttavia che sono tutti marini e cazzuti.

    Il re dei mostri

    Quando si parla di mostri marini, e nella stessa frase si usa la parola “cazzuti”, non si può non parlare del re dei re: Godzilla.

    Quello di Godzilla è un brand con alle spalle una gigantesca filmografia, che molto riduttivamente possiamo dividere in due filoni: quello americano e quello giapponese.

    Il filone giapponese dà il via alla produzione del primo film, omonimo del mostro, nel 1954. Se consideriamo che l’ultimo film uscito è del 2017, e che ce ne sono almeno altri due in produzione che usciranno in questo e nei prossimi anni a venire, potete capire da soli quanto sia importante e famoso il lucertolone gigante.

    Ma Godzilla non è soltanto uno dei più grandi attori cinematografici, appare anche in moltissimi videogiochi e fumetti, tanto che la Marvel gli ha dedicato una serie in cui lo vediamo attaccare la New York del Marvel Universe, e darsele di santa ragione con tutti i vari supereroi del momento.

    Attualmente il signor Godzilla ha all’attivo tre produzioni: un remake della saga, Shin Godzilla, diretto da Hideaki Anno e Shinji Higuchi (qualcuno ha detto Evangelion?), un remake della saga, ma stavolta sul filone americano, chiamato semplicemente Godzilla (che tra l’altro ha dato il via al MonsterVerse della Legendary Pictures, insieme a Kong: Skull island), e una trilogia animata distaccata dalla continuity, Godzilla: il pianeta dei mostri, che potete trovare Netflix. L’unica cosa che di certo accomuna questi tre film è il fatto che il “bestione”, dopo aver assaggiato un po’ di sane e buone radiazioni, esce dal mare e inizia a sparare raggi atomici distruggendo tutto. Ma in fondo non è un lucertolone cattivo, è solo un antieroe.
    Insomma, Godzilla piace a tutti (chi afferma il contrario mente), e il suo brand e la sua fama sono lungi dall’essersi esauriti. Inoltre bisogna ammetterlo, il lifting fa miracoli.

    Altro giro di curiosità: nel 2004, per festeggiar i cinquant’anni di carriera, a Godzilla fu concessa una stella nella Walk of Fame di Hollywood. Vinse anche un MTV Lifetime Achievement Award, nel 1996, ma si dice che non andò mai a ritirare il premio.

    Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn

    E tocca lui, il più grosso, il più cattivo, il più terrificante e il meno marino di tutti: il grande Cthulhu.

    Cthulhu essenzialmente non è una creatura marina; viene dallo spazio profondo, ma tutti sappiamo che riposa sul fondale degli abissi, nella città sommersa di R’lyeh, nel nostro mondo, mentre attende di svegliarsi per portare follia morte e distruzione su di noi. Per nostra fortuna ha dimenticato di impostare la sveglia, quindi risposa ormai da diversi secoli, salvo qualche episodio di sonnambulismo che gli permette di apparire in TV.

    Parlando del suo passato, la prima biografia di Cthulhu risale al 1928, scritta da Howard Phillips Lovecraft, all’interno del racconto Il richiamo di Cthulhu.

    Poiché dorme sempre, il grande antico non è mai stato molto socievole, ed appare raramente di persona all’interno delle varie opere che portano il suo nome o che sono ispirate alla mitologia lovecraftiana, ma è comunque una figura importante, che viene spesso citata e che fa da mascotte per diversi tipi di merchandising, dai videogiochi ai fumetti, fino alle bamboline con il suo viso sopra. Persino i Metallica gli hanno dedicato una canzone (The call of Ktulu).

    Una delle sue rare apparizioni che vogliamo ricordare, fu quando uccise Justin Bieber in una trilogia di episodi di South Park, quattordicesima stagione.

    Di Cthulhu si potrebbe parlare per secoli, ma andremmo fuori argomento, quindi vi lasciamo curiosare in pace nel web; ma state attenti: quando prendete il pattino e vi allontanate dalla spiaggia, ricordate che potreste ritrovarvi a R’lyeh.

    BONUS: Sharknado

    Non è propriamente un mostro, ma è mostruoso. Non è propriamente marino, ma è dal mare che viene. Non sapevamo se aggiungerlo all’elenco, e quindi abbiamo deciso di farne un bonus: lo sharknado, o gli sharknado, che piaccia o no sono entrati come una tromba d’aria (odiatemi) nella cultura pop, e l’esalogia di film, con l’ultimo in uscita quest’anno, sono diventati ormai dei veri e propri cult del genere. Squali e tornado sono così popolari da avere ottenuto anche una propria statuina Funko Pop, e questo la dice lunga.

    mostri marini

    Se pensavate che parlando di mostri marini sareste stati al sicuro nelle vostre case, gli sharknado e Godzilla sono qui per farvi cambiare idea. Per la prossima estate, vacanze in montagna.

  • Elisabetta Canalis animalista: video shock e critiche su Instagram – Rumors

    Elisabetta Canalis animalista: video shock e critiche su Instagram – Rumors

    Foto: STRONG by Zumba

    Foto: STRONG by Zumba

    L’attrice si batte per i diritti degli animali

    Che Elisabetta Canalis sia un’animalista non è notizia nuova. L’attrice lo è infatti dichiaratamente da anni, sostegno comprovato da messaggi sui social (come un post recente su Instagram, relativo all’uccisione di balene in Islanda) oltre che dai fatti. Famoso è lo scatto che la vede posare nuda per PETA, l’organizzazione no-profit a sostegno dei diritti animali. La campagna pubblicitaria, risalente al 2011, recitava “I’d Rather Go Naked than Wear Fur”, ovvero “preferirei girare nuda piuttosto che indossare pelliccia.”

    Un più recente messaggio lanciato da PETA e che vede sempre come protagonista della campagna la Canalis è nuovamente un invito all’industria della moda a non incentivare l’impiego di animali (questa volta di rettili) in vestiti e accessori. “Live Wild and Let the Wild Live. Don’t Wear Exotic Skins”, “Vivi selvaggiamente ma lascia vivere la natura selvaggia. Non indossare pelli esotiche”.

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    In occasione dell’avvicinarsi della settimana della moda, Elisabetta Canalis ha rincarato la dose, condividendo un video dai toni molto forti per disincentivare l’acquisto di accessori e vestiti in pelle di rettile. “La settimana della moda non è lontanissima”, scrive nella didascalia la Canalis. “Qualche suggerimento per uno shopping più dalla parte degli animali ed all’avanguardia”.

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    “Ogni anno milioni di rettili vengono uccisi per realizzare borse, cinture e altri accessori con la loro pelle.” Così inizia il filmato accusatorio. Le maniere descritte dall’attrice sono terribili e cruente, ma sfortunatamente reali, come visibile nel video da lei postato.  “Non ci sono scuse per continuare a indossare questo tipo di indumenti… Ci sono ottime alternative vegane. È più economico, ed è meglio per l’ambiente”. La lodevole presa di posizione della Canalis ha ricevuto molti apprezzamenti, ma anche critiche, dovute alla presunta l’incoerenza dell’attrice. La Canalis è stata infatti accusata di non difendere gli animali a 360°, in quanto non vegetariana e “beccata” ad utilizzare prodotti in vera pelle, oltre che prodotti di bellezza testati su animali.

  • Florida, fauna decimata da un “super serpente” ibrido di pitone – Sky Tg24

    Florida, fauna decimata da un “super serpente” ibrido di pitone – Sky Tg24

    Più piccolo, più veloce e più aggressivo. Sono le caratteristiche di un ibrido di pitone scoperto in Florida. Un rettile che sta decimando la fauna selvatica delle Everglades (una riserva di oltre 1 milione e mezzo di acri in Florida) e che il “The Guardian”, che riporta i risultati di una ricerca scientifica, definisce “super serpente”.

    Primo predatore

    La scoperta è stata realizzata dagli scienziati della US Geological Survey, i quali hanno analizzato circa 400 serpenti catturati nelle Everglades negli scorsi anni. Dagli anni Ottanta la Florida è infestata dal pitone birmano, originario del Sud Est asiatico, diventato il principale predatore della zona al posto del più classico alligatore. Ma ora la minaccia per le specie animali locali si è ulteriormente aggravata. I ricercatori, infatti, hanno scoperto un nuovo profilo genetico. In almeno 13 esemplari è stata riscontrata la “firma” genetica del pitone delle rocce indiano.

    L’incrocio

    Si tratta di una specie più piccola, più rapida, molto più aggressiva e capace di proliferare su superfici asciutte, mentre il pitone birmano si trova più a suo agio nell’acqua. L’incrocio tra le due specie, che secondo i ricercatori potrebbe essere avvenuto anche prima dell’arrivo del pitone birmano in Florida, sta dando vita a un super-predatore ibrido in grado di adattarsi meglio all’ambiente subtropicale ed espandersi più rapidamente di qualsiasi specie prima di lui. “Quando due specie si incrociano, mano a mano che gli esemplari si moltiplicano restano solo i tratti migliori e le caratteristiche più adatte a garantire la sopravvivenza”, spiega Margaret Hunter, a capo del team di studio. Probabilmente anche per questo gli ibridi trovati sono di dimensioni minori rispetto al classico pitone birmano.

    Fauna minacciata

    La scoperta non è una bella notizia per la fauna delle Everglades, già messa pesantemente a rischio dai predatori “alieni”. La Florida Fish and Wildlife Commission ha registrato oltre 500 specie invasive o non native, tra le quali le lucertole del Sudamerica e le rane degli alberi cubane, che si nutrono in particolari di roditori, iguana e piccole specie anfibie e vegetali della zona. Ma la minaccia maggiore è proprio quella dei serpenti. Negli ultimi anni i pitoni birmani, e a questo punto lo stesso predatore ibrido, hanno decimato diverse specie locali come volpi, conigli e procioni. Il tentativo di ridurre il numero dei rettili potrebbe essere definitivamente sconfitto dalla rapidità con la quale i pitoni si stanno riproducendo.

    Roma, due pitoni di 3 metri dentro sa...

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  • Scoperto nuovo dinosauro, simile agli uccelli – Notizie.it

    Scoperto nuovo dinosauro, simile agli uccelli – Notizie.it

    Scoperto nuovo dinosauro, simile agli uccelli

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    Si chiama Xiyunykus pengi ed è una nuova specie di dinosauro. La scoperta è stata fatta in Cina, nel corso di una spedizione a Xinjiang.

    Si chiama Xiyunykus pengi ed è una nuova specie di dinosauro. La scoperta è stata fatta in Cina, nel corso di una spedizione a Xinjiang. Il ritrovamento è il frutto del lavoro di un team di ricercatori della George Washington University e dell’Accademia cinese di scienze.

    Il nuovo dinosauro

    La nuova specie è stata battezzata come Xiyunykus pengi. Lo scheletro del dinosauro presenta caratteristiche molto simili a quelle degli attuali uccelli: fisico snello, una fila di tanti piccoli dentini che sporgono da quello che sembrerebbe un becco. Niente a che vedere con i grandi rettili del cinema e dei documentari, ma più vicino ai volatili odierni. Il nuovo dinosauro è descritto in uno studio apparso su Current Biology, insieme al Bannykus wulatensis. Entrambe le specie, Xiyunykus e Bannykus, appartengono alla famiglia degli Alvarezsauridi: sono dinosauri saurischi che hanno molto in comune con gli uccelli.

    Dinosauri al cinema

    Ci vuole poco per catapultarci nelle atmosfere primordiali dell’ignoto. Lo scrittore H.P.

    Lovecraft ne aveva fatto la linea della sua stessa letteratura, seguito a rotta di collo da altri grandi autori. Niente, però, resta più evocativo dei dinosauri. Lo sapevano bene la coppia Michael Crichton e Steven Spielberg, che diedero vita alla serie di successo Jurassic Park, ora Jurassic World. Un’esalogia di film nata per rendere omaggio ad un’altra coppia amante dei grandi rettili: Ray Harryhausen e Ray Bradbury. La grande amicizia dei 2 aveva portato alla realizzazione del film Il risveglio del dinosauro, nel 1953. Il film raccontava del risveglio di un rettile preistorico grazie all’espolosione di una bomba radioattiva. Suona familiare? Da questo film, Ishiro Honda trasse ispirazione per la sua pellicola: Godzilla (1954). Il 2018 ha visto il ritorno di un’ondata di mostri preistorici sul grande schermo: da Godzilla a Jurassic world, senza dimenticare Pacific Rim. Tutti blockbuster di successo, segno che la fame di creature del passato è sempre presente nel pubblico.

    Ora che è stata fatta la scoperta dello Xiyunykus, il desiderio di saperne di più non tarderà a farsi sentire.

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  • Arconate (Milano): Tartaruga azzannatrice trovata in un parco – www.amoreaquattrozampe.it (Blog)

    Arconate (Milano): Tartaruga azzannatrice trovata in un parco – www.amoreaquattrozampe.it (Blog)

    (foto Carabinieri Milano)

    Rinvenimento ad Arconate, cittadina nell’hinterland di Milano: Tartaruga azzannatrice trovata in un parco, indagano i Carabinieri.

    Un nuovo caso di tartaruga azzannatrice ritrovata in Italia, ancora una volta in Lombardia. La Tartaruga Azzannatrice è una specie molto pericolosa. Infatti non esita a manifestare tutta la propria aggressività anche nei confronti dell’uomo. Qualche mese fa, ne venne trovato un esemplare a Lodi. Ora una nuova segnalazione arriva da Arconate, provincia di Milano. Il morso di questo rettile è talmente possente da riuscire a staccare le dita di una mano di una persona adulta.

    Leggi anche –> Tartaruga Azzannatrice trovata in un parco pubblico: è un animale pericoloso – FOTO

    Il rettile rinvenuto nel parco di Arconate: si cerca il proprietario

    La  tartaruga azzannatrice lunga circa 40 centimetri è stata trovata ieri sera da alcuni passanti in un parchetto pubblico di Arconate. Sul posto sono giunti i militari dell’Arma dei Carabinieri di Busto Garolfo. Hanno portato l’esemplare in caserma e affidato ai militari della Forestale del Nucleo recupero animali selvatici. Si indaga ora ai sensi della Legge Speciale 150 del 1993 sulla “commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica”. Il proprietario del rettile non è stato ancora individuato. Ora rischia una denuncia per abbandono di animali.

    Negli scorsi mesi, una vicenda registrata a Preston, negli Stati Uniti, aveva suscitato molto clamore. Il caso è rimbalzato sui media. Un insegnante di scienze è stato accusato di aver dato un cucciolo di cane in pasto alla tartaruga azzannatrice. L’uomo è stato denunciato per il grave caso di maltrattamento, ma ad avere la peggio è stato sicuramente il rettile, che è stato abbattuto. Ancora una volta le colpe dei proprietari ricadono sui loro animali.

    Leggi anche –> Rettili, sopprimono tartaruga alla quale un insegnante aveva dato un cucciolo in pasto

  • Gli antenati delle tartarughe non avevano il guscio – Sky Tg24

    Gli antenati delle tartarughe non avevano il guscio – Sky Tg24

    Le tartarughe sono dotate di una corazza che le distingue da tutti gli altri rettili. Il guscio ha la funzione di proteggere il corpo dell’animale dagli aggressori e dalle condizioni termiche e ambientali sfavorevoli. In passato, però, non è sempre stato così. Un gruppo di scienziati, infatti, ha scoperto dei fossili di una tartaruga gigante davvero particolari che risalgono ad oltre 200 milioni di anni fa e del tutto sprovvisti dello scudo protettivo. Nonostante i numerosi studi condotti per provare a comprendere l’evoluzione di questo affascinante animale, gli esperti non sono ancora riusciti a delinearne uno sviluppo completo.

    Fossile risalente a 228 milioni di anni fa

    Come riportato sulla rivista Nature, il reperto è stato rinvenuto presso la provincia di Guizhou, sud-ovest della Cina. “Sembrava avere le sembianze di una tartaruga ma era privo della sua armatura e aveva dei lineamenti molto differenti da quelli dei rettili attuali”, le parole del dottor Nicholas Fraser, curatore di scienze naturali al National Museum of Scotland di Edimburgo. Il fossile, infatti, mostrava un becco caratteristico e inusuale ed era privo del tipico guscio. Al suo posto, però, il rettile presentava un’impalcatura costituita da ben 50 ossa, con costole, vertebre e spalle fuse insieme tra loro per formare un solido strato esterno.
    L’animale è stato denominato ‘Eorhynchochelys sinensis’, che – letteralmente – sta per ’Tartaruga dell’alba con il becco proveniente dalla Cina’.

    L’evoluzione delle tartarughe

    Il percorso evolutivo di questi animali, sopravvissuti per oltre 200 milioni di anni a tutte le intemperie che hanno colpito la Terra, continua a incuriosire le menti degli scienziati. La tartaruga più antica, rinvenuta prima di quest’ultimo ritrovamento, era caratterizzata dalla presenza di un guscio completamente formato solo nella sua parte inferiore, ma nessuna copertura ossea era invece presente sul carapace, il nome tecnico che indica la punta dell’esoscheletro del rettile. In Eorhynchochelys sinensis, invece, la sua conformazione ossea, costituita da costole che iniziano a espandersi, suggerisce la prossima formazione della conchiglia nei discendenti del fossile scoperto. “Stiamo aspettando il prossimo reperto per poter studiare in maniera più approfondita il loro percorso evolutivo”, sottolinea il dottor Fraser.

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  • Conosci il segreto mortale del drago di Komodo? Scoprilo con noi! – Moondo (Blog)

    Conosci il segreto mortale del drago di Komodo? Scoprilo con noi! – Moondo (Blog)

    Nei racconti epici Le storie che riguardano i draghi parlano di creature dall’aspetto terribile. Dei rettili troppo cresciuti, insomma. Nei cartoni animati per i bambini i draghi sono per la maggior parte amici gentili, eroi o al contrario dei veri fifoni. Ma nella realtà come sono? Conosci il segreto mortale del drago di Komodo? Scoprilo con noi!

    Chi è il Drago di Komodo?

    Il drago di Komodo e la sua saliva mortale (foto by Pixabay)

    Il drago di Komodo è un animale molto particolare che esiste da milioni di anni ma che solo da qualche secolo è divenuto noto all’uomo. Ma chi è questo drago?

    Il drago di Komodo è un rettile che può raggiungere i 2/3 metri di lunghezza per circa 150 kg. Si tratta, quindi, di un lucertolone dalle grandi dimensioni, tra le più grandi sulla terra. La testa di questo rettile appare lunga ed appiattita, che termina con un muso arrotondato. Il suo corpo, come quello di molti altri rettili, è ricoperto di squame ed ha una grande e lunga coda assai muscolosa, tanto da essere un’arma.  Anche se questo rettile si presenta goffo e pesante, per brevi scatti può raggiungere i 2° km/h, soprattutto quando si tratta di mangiare!

    Ad oggi questo animale è tra le razze protette, si possono trovare in libertà soprattutto nella zona delle piccole isole della Sonda. Il clima di queste zone è quello di cui hanno bisogno queste lucertolone. Sono stati censiti una media di 3000 e 5000 esemplari, presenti sulle isole di Komodo. Ma il problema che si sta presentando e che sta mettendo a rischio estinzione questi retti è la scarsità di femmine in grado di deporre uova. Ma non solo, anche noi uomini abbiamo le nostre colpe: difatti, il bracconaggio e l’invasione umana hanno messo il pericolo l’intera razza.

    Cosa mangia il drago di Komodo?

    Il drago di Komodo è particolarmente noto per la sua abbondante fame, infatti, giornalmente è in grado di ingerire un’enorme quantità di cibo. Si è stimato che può arrivare a mangiare cibo pari all’80% del proprio peso corporeo con un solo pasto.

    Questo drago è un animale prettamente carnivoro e un predatore molto abile e pericoloso. Difatti, nell’arcipelago in cui vive è tra le specie predominanti e mangia di tutto: carogne, cervi, maiali, draghi più piccoli e perfino grossi bufali d’acqua e uomini.

    La strategia di caccia del drago di Komodo si basa prettamente sulla mimetizzazione. Il rettire resta ben nascosto in attesa della preda perfetta, sulla quale si fionda con un agile balzo. Per i suoi attacchi utilizza soprattutto gli affilati artigli e la fitta dentatura. I suoi denti possono essere paragonati a quelli di uno squalo.

    La micidiale saliva del drago di Komodo

    Il drago di Komodo, oltre ad essere noto per essere uno dei predatori più imponenti, è famoso per la sua letale saliva. Infatti, la saliva di questo rettile è densa di batteri, per la precisione contiene più di 50 varietà differenti di batteri. Questa saliva uccide un animale ed anche un uomo avvelenandolo fino all’ultima esalazione che avviene solitamente entro le 24 ore.

    Questa loro “arma segreta” li aiuta nella caccia per il cibo. Infatti, una volta contagiata la preda, anche se in fuga e ipoteticamente salva, viene pedinata dal predatore in attesa che la saliva velenosa faccia effetto. Infine, una volta che la preda muore, il drago di Komodo si affida al proprio olfatto per localizzare il cadavere e banchettare.

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